Il Giornale sostiene che se l'Europa riconosce diritti ai gay, allora bisogna abbandonarla per guardare a Putin

Se era prevedibile che Il Giornale avrebbe accolto con favore le posizioni anti-gay del ministro leghista Fontana, surreale è come sostengano che in sua vece si dovrebbe abbandonare un'Europa dei diritti per abbracciare un regime leghista in cui si esalta la figura del maschio bianco, sedicente cristiano ed amante di femmine sottomesse che sappiano tacere se due carabinieri le stuprano.
L'offensiva è contenuta in un articolo di Daniela Missaglia dal titolo: "Così l'Europa ci ha già imposto le nozze gay". Scrive Il Giornale:

Hanno destato scalpore le prime dichiarazioni del neoministro della Famiglia e della disabilità, Lorenzo Fontana, secondo cui «le famiglie arcobaleno non esistono».
Dopo le polemiche veementi dell'opposizione e delle associazioni Lgbt, ovviamente molto sensibili sul tema, lo stesso è tornato alla carica rivendicando il concetto di «normalità» e l'eroismo, di questi tempi, di battersi per principi scontati quali quelli per cui «la mamma si chiama mamma (e non genitore 1) e il papà si chiama papà (e non genitore 2)». Dichiarazioni ovvie, atavicamente tradizionali e rassicuranti, pur divenute negli ultimi tempi mediaticamente superate.

Sostenuto che i gay sarebbero «veementi» perché chiedono rispetto quando potrebbero tacere mentre il loro giornale li insulta, denigra i loro affetti e pretende si neghino loro pari diritti, si fa passare per assodata la definizione che indicherebbe nell'eterosessualità una norma: i gay sono anormali, dicono tra le righe.
Sostengono sia «scontato» dire che i bambini debbano avere una mamma e un papà, peccato che lo stesso Salvini abbia due figli da due donne diverse e una terza compagna, motivo per cui i suoi figli non hanno una mamma e un papà ma famiglie fatte da fidanzate, ex-compagne ed ex-mogli.
Usando i bambini come oggetti di propaganda e mostrandosi disposti a danneggiare le loro vite pur di ottenerne un profitto, si continua a cavalcare l'omofobia in una negazione di un dato di fatto: il 15% delle famiglie italiane è monogenitoriale. Le coppie omogenitoriali nel 2016 erano solo 529.
Quando si cerca di incolpare quelle 529 famiglie delle necessità di quasi due milioni e mezzo di famiglie che loro fanno finta di non vedere, l'impressione è che si cerchi di promuovere cieco odio omofobico sulla pelle di quei bambini che vengono evidentemente ritenuti sacrificabili per la causa.

Lo scopo è un'aggressione ad un'Europa che Salvini vorrebbe distruggere quasi quanto vorrebbe sostenere che la Russia non debba essere sanzionata per le sue violazioni dei diritti umani:

Il mondo, l'Europa in particolare, sta andando in tutt'altra direzione e l'Italia stessa non si sottrae a questa spinta che punta al superamento - o allargamento - del classico concetto di famiglia eterosessuale finalizzata alla procreazione naturale.

Si sostiene che la famiglia sia finalizzata alla sola procreazione, anche se non pare che il matrimonio implichi un obbligo alla filiazione. Ma, soprattutto, si cercano espedienti linguistici per sostenere che il termine «naturale» possa essere usato solo in riferimento all'eterosessualità. Lo ripetono perché sanno che la Costituzione non vieta il matrimonio e serve modificare la lingua se si vuole cercare di alterare il significato dell'articolo 29.

Si passa così a raccontare che le unioni civili implicherebbero la filiazione, cercando di fare leva sul punto che sanno bene sia il più contestato dai populisti o dai semplici disinformati:

Dopo la legge Cirinnà e la nascita delle unioni civili - definizione che è solo un artificio semantico per non qualificarle come matrimonio vero e proprio - la giurisprudenza e persino le pubbliche amministrazioni più politicamente orientate, sono andate oltre i limiti della neonata legge, sdoganando il concetto di adozione, nella variante della stepchild adoption, accettando di riconosce il vincolo genitoriale di un figlio in capo al partner del genitore biologico o registrando all'anagrafe l'atto di nascita di bambini quali figli di due persone dello stesso sesso. Solo l'altro ieri il sindaco di Milano Giuseppe Sala ne ha registrati quattro, portandone a nove il numero totale e surclassando le altre città apripista, come Torino. Eppure non tutti gli Stati remano in questa direzione, di certo non quelli dell'ex blocco sovietico che sono più restii a siffatte aperture culturali. 

Esatto, si torna a sostenere che la Russia di Putin sia un esempio da imitare. E lamentandosi che ai gay sposati venga riconosciuto il diritto alla libera circolazione senza che i singoli Paesi possano decidere di non riconoscere le loro famiglie, lamentano:

Ma ecco che la Corte di giustizia dell'Unione europea entra a gamba tesa e inaugura il mese di giugno con una categorica sentenza in cui, di fatto, riconosce i matrimoni tra persone dello stesso sesso in tutti i Paesi membri «ai sensi delle regole sulla libera circolazione delle persone».
I togati del Lussemburgo hanno stabilito che la nozione di «coniuge» comprenda i coniugi dello stesso sesso e, quindi, se è vero che ciascuno Stato è libero (fino a quando, mi chiedo a questo punto) di autorizzare o no il matrimonio omosessuale, non può disconoscere la qualifica di «coniuge» (altrove acquisita per effetto di un matrimonio valido) e ostacolare la libertà di soggiorno di un cittadino dell'Unione rifiutando di concedere al suo congiunto dello stesso sesso, cittadino di un Paese non-Ue, un diritto di soggiorno sul suo territorio.

Asservato che le persone non debbano avere pari diritti perché la libera circolazione sarebbe un diritto riservati ai soli eterosessuali e non certo alle vittime dell'offensiva integralista, si torna a ribadire che se l'Italia fosse un regime, Salvini potrebbe garantire la sistematica discriminazione di una parte della popolazione:

Hans Brinker, l'eroe del romanzo Pattini d'argento, salvò la sua città nei Paesi Bassi tappando per una notte intera con il dito il foro apertosi nella diga cittadina, scongiurando l'alluvione: le visioni più critiche e più dottrinalmente legate al concetto di famiglia tradizionale leggono in queste continue sortite di politici e giudici, nazionali e comunitari, un ineluttabile squarcio nella metaforica diga delle coscienze e del futuro normativo dei nostri Paesi.
Laddove l'Italia ha scelto, aderendo all'Unione, di cedere una parte della sovranità anche in campo etico e giuridico, è inevitabile che questo accada e ritengo, o temo, che le parole del ministro Fontana, da me condivise, assumano una coloritura che non potrà in nessun modo modificare il quadro ormai delineatosi e tutt'altro che completo.

Tra i commenti è il solito tripudio di chi sostiene che i diritti altrui debbano essere ignorati in virtù di come sia più importante che ci si occupi dei soli eterosessuali:
Non sembra un caso che il loro sostenere che il cristianesimo implichi l'egoismo venga alternato solo agli slogan dei gruppi omofobi, da sempre mossi da motivazioni partititiche e non certo religiose. Ed ovviamente dicono anche che i diritti dei gay non sarebbero una priorità dato che a loro non importa se intere vite vengono ingiustamente danneggiate, ma poi indicano nella discriminazione la loro massima priorità.


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