Il leghista Pillon giura che le offese delle De Mari siano verità scientifiche, ma poi non vuole possa dimostrarlo
Il senatore leghista Simone Pillon, in qualità di esponente di governo delle lobby omofobe guidate da Massimo Gandolfini, non pare credere neppure lui a ciò che dichiara a fini propagandistici. Sui social network è tutto preso dal tentativo di dispensare assoluzioni all'imputata Silvana De Mari nel suo processo torinese per diffamazione. A suo dire, i giudici non capirebbero nulla e quelle offese dovrebbero essere universalmente riconosciute come una «verità scientifica».
Credesse davvero a ciò che dice, dovrebbe essere il primo a difendere un processo che a suo dire permetterebbe di appurare che l'omosessualità possa essere ritenuta una "malattia" da "curare" come pubblicamente sostenuto dalla sua beniamina. Eppure la difesa pare instancabilmente alla ricerca di cavilli: dopo aver tentato di sostenere che non fosse individuabile una precisa persona giuridica vittima delle offese, alla prima udienza hanno cercato di sostenere che l'assenza di una querela dovesse fermare il processo (tesi rigettata dai giudici che la rivedranno alla sbarra a settembre).
Ma come. La signora De mari ha la possibilità di annunciare una «verità scientifica» sconosciuta all'Oms e a tutti i medici del mondo e lei cerca cavilli per non rivelarla? Una volta tanto potrebbe affermare le sue teorie dinnanzi al mondo accademico ma lei rinuncerebbe a quella opportunità perché preferisce andare ai comizi con Luca Di Tolve organizzati da quegli stessi frati cappuccini che organizzano rosari contro i gay?
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