La strage di Marcinelle e il ricordo storico che fa infuriare Salvini
Era l’8 agosto 1956 quando a Marcinelle, in Belgio, muoiono 262 minatori, di cui 136 migranti italiani. Partiti dall’Italia in cerca di lavoro, trovano sfruttamento e morte.
È questa la memoria che Matteo Salvini non vuole sia ricordata. Mentre si spreca in lodi verso la capotreno di Trenord che dirama annunci razzisti sul suo convoglio, attacca Moavero perché ha osato ricordare che fino a qualche decennio fa i migranti eravamo noi. O forse lo siamo tutt'ora dato che, soprattutto nelle regioni a trazione leghista del nord, il numero di italiani che va all'estero a cercare lavoro supera di gran lunga il numero di immigrati.
Ma chi ha creato la falsa emergenza migranti, istigando quotidianamente il razzismo con becere finalità politiche, non può certo accettare che la memoria possa cancellare il processo di disumanizzazione portato avanti dalla sua retorica. Non può tollerare che si ricordi che eravamo noi quelli che cercavano «la pacchia» nelle miniere di carbone e che rischiavano di essere uccisi dallo sfruttamento come accade ai braccianti.
È in una relazione dell'Ispettorato per l'immigrazione del Congresso degli Stati Uniti, redatta nell'ottobre 1919, che i migranti italiani venivano descritti come «di piccola statura e di pelle scura. Molti puzzano perché tengono lo stesso vestito per settimane. Si costruiscono baracche nelle periferie [...] Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina; spesso davanti alle chiese donne e uomini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano sia perché poco attraenti e selvatici, sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano dal lavoro. I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di attività criminali».
Lo dicevano ai nostri avi, con pregiudizi molto simili a quelli che la sua gente riserva ai migranti. Ed è la realtà dei fatti a raccontarci come i migranti italiani si occupassero di tutti quei lavori che gli anericani non volevano più fare, esattamente come accade oggi in Italia con richiedenti asilo laureati che si trovano a fare i muratori, i pizzaioli o chi asfalta le strade in pieno agosto.
Quell'8 agosto 1956, nella miniera di carbone Bois du Cazier divampò un incendio causato dalla combustione d'olio ad alta pressione innescata da una scintilla elettrica
Sviluppatosi inizialmente nel condotto d'entrata d'aria principale, riempì di fumo tutto l'impianto sotterraneo, provocando la morte di 262 persone sulle 275 presenti.
La manutenzione del "Pozzo I" della miniera di Marcinelle era ridotta al minimo necessario. Le gallerie che comunicavano con gli altri due pozzi erano state chiuse.
Forse ritenendo che la vita di un italiano valga più di quella di un africano, il Carroccio si è affrettato a dichiarare: «Non si può paragonare gli italiani, a cui nessuno regalava niente, ai clandestini che oggi arrivano nel nostro Paese». Ovviamente usano ossessivamente la parola «clandestino» per disumanizzare le persone, sostenendo come loro solito che abbia ragione «il capitano» a parlare di «pacchia» dato che loro non vedono alcun problema se una persona nera (che mai chiameranno persona) viene costretto a raccogliere frutta sotto il sole di agosto in modo che l'italico padano possa risparmiare al supermercato. Ed è sempre aizzando il razzismo con ogni sua singola dichiarazione, Salvini vuol farci credere che qualcuno starebbe regalando loro qualcosa.
Non va meglio con Di Maio, il quale commenta: «Quella tragedia insegna che non dobbiamo far partire i nostri giovani».