Leghista a processo per diffamazione. Matikj: «È la prima volta in Italia che la Procura ha esteso l’aggravante della legge Mancino per le dichiarazioni omofobe»
«Come confermatomi ieri presso la Procura di Genova, dopo la nostra denuncia del 23 febbraio 2016 depositata dalla sottoscritta il giorno successivo, le Autorità giudiziarie hanno chiesto di processare il Consigliere regionale di Lega Nord Giovanni De Paoli, indagato per i fatti del 17 febbraio 2016 per tre capi d'accusa: diffamazione (art. 595 c.p.), diffamazione aggravata (art. 595 comma 3 c.p.) e per aver violato l'articolo 3 della Costituzione e della Legge numero 2005 del 2003».
È quanto dichiara Aleksandra Matikj, presidentessa del Comitato per gli immigrati e contro ogni discriminazione, che aggiunge: «Ne siamo davvero onorati, è un caso unico perché è la prima volta in Italia che la Procura ha esteso l’aggravante della legge Mancino per le dichiarazioni omofobe, anziché razziste e questo crea un precedente estremamente importante nei confronti dei Politici. Questa iniziativa nasce dal nostro esposto che abbiamo presentato dopo la frase del De Paoli: "Se avessi un figlio gay lo brucerei in un forno", pronunciata nel corso di una seduta della commissione regionale sulla famiglia ed in presenza di alcuni componenti dell'Associazione genitori parenti e amici di persone Gay, Lesbiche, Bisessuali e Transgender che attualmente risultano, oltre a noi, tra le parti offese nella nostra denuncia. Il Pubblico Ministero Patrizia Petruzziello ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell’esponente leghista. Ora non ci rimane altro che attendere. Vorrei oggi ringraziare Cathy La Torre e Michele Giarratano, gli Avvocati dello Studio "Gay-Lex" che in parte hanno contribuito nella stesura della nostra segnalazione così come l'Avvocato ufficiale che aveva accettato l'incarico, che è Matteo Cereghino».
La Matikj aggiunge anche che «come Comitato, nato nel 2012, non immaginavamo di poter raggiungere gli obiettivi del genere, siamo molto fieri di noi e del nostro lavoro ma quello che ci rende orgogliosi sono quelle Autorità giudiziarie che a volte ci sorprendono positivamente, perché appoggiano i Diritti lesi di chi è stato discriminato ed anzi anch'io purtroppo ne parlo da vittima… D'altronde, chi meglio di me può capire tutti quei giovani e le persone che nelle scuole e sui posti di lavoro vengono puntualmente bullizzati, mobbizzati, discriminati o demansionati, soltanto perché diversi. A me ad esempio dicevano che siccome ero Migrante rubavo il lavoro agli Italiani... che mi avrebbero mandata a fare le pulizie... e nel momento in cui sono stata chiamata per il rinnovo del mio contratto di lavoro, sono stata accolta con: “Sai Aleksandra stavo pensando anch’io di trovarmi un’amante come tutti i miei amici manager, tu cosa ne pensi?” Ricordo quell'esatto momento e di come ero rimasta senza parole. Avevo il nodo in gola, mi si sono irrigidite le corde vocali, non riuscivo a proferire parole e sono scappata da quell'ufficio frettolosamente riuscendo malapena a pronunciare: “Scusi devo interrompere ed andare a casa perché mia madre non sta bene…” Sono passati anni da allora, ho vissuto un vero e proprio incubo che sembra abbia avuto fine da poco con un'indagine di stalking e di diffamazione a mia difesa ed è per questo che io, più di chiunque altro, posso capire tutte quelle vittime, soprattutto le Donne, le vittime che questa volta la Procura di Genova ha deciso di difendere. Quello che consigliamo, come sempre, è di denunciare, è il primo passo. Diversamente, se non avete abbastanza forze e non sapete come fare, lasciamo a disposizione la nostra mail, saremmo lieti di aiutare».