Provita e Generazione Famiglia: «Quelle gay non sono famiglie. Naturale vuole dire eterosessuale»


«Un cognome comune significa matrimonio. Le unioni civili non sono un matrimonio, che è fondato costituzionalmente sulla famiglia naturale». Viene così introdotto il cominciato diramato dai forzanovista di Provita Onlus e da Generazione Famiglia in un ennesimo tentativo di strumentalizzare le sentenze della Corte Costituzionale a sostegno della loro ideologica del disprezzo.
In quel costante clima di propaganda in cui Jacopo Coghe e Toni Brandi amano diffamare chi è vittima della loro brutale aggressione, le due organizzazioni di estrema destra si sono messe a raccontare le ennesime bugie che possano alimentare odio contro i gay. E sinceramente risultano anche l'espressione di un Paese in decadenza, dato che in nessuno stato civile si può pretendere che un'intera comunità debba subire aggressioni quotidiane da parte di un vecchietto che parla ossessivamente di quanto gli piaccia spruzzare sperma nelle vagine delle donne dopo che ha fatto soldi vendendo una tessera che offriva anche sconti sulle prostitute di Praga.

Dato che Jacopo Coghe e Toni Brandi giurano di essere i massimi detentori della verità divina e dato che amano spergiurare di conoscere fantomatici doppi fini nelle richieste di quei gay che loro odiano per professione, il loro comunicato si apre con il solito terrorismo e un titolo palesemente ingannevole: “Non vogliono solo i cognomi, vogliono arrivare ai bambini”.
Se basterebbe usare il buonsenso per comprendere che un bambino crescerebbe meglio con due genitori gay piuttosto che asservito al volere di genitori integralisti che pretendono di decidere quale orientamento sessuale debbano avere o come non debbano proteggersi durante il sesso dato che loro il fondamentalismo promuove il sesso bareback, nel loro comunicato affermano:

«L’avvocatura per i diritti Lgbt, Rete Lendford, non vuole solo dare il cognome comune alle coppie gay ma arrivare ai bambini riconosciuti legalmente come figli» è l’accusa del Presidente di Pro Vita Onlus, Toni Brandi, e di quello di Generazione Famiglia, Jacopo Coghe (associazioni organizzatrici del Family Day) in relazione alle misure sul cognome comune all’esame della Consulta.
I due presidenti sottolineano le vere intenzioni che «animano questa rete di avvocati, che svolge la propria attività in ambito di trascrizione dei matrimoni celebrati all’estero, riconoscimento della stepchild adoption e di bambini comprati all’estero tramite l’abominevole pratica dell’utero in affitto».
Le associazioni promotrici del Family Day chiedono «che l’impugnazione di fronte alla Corte Costituzionale del decreto attuativo della cosiddetta legge Cirinnà sulle unioni civili non venga strumentalizzata a fini politici».
Per Brandi e Coghe «un cognome comune significa matrimonio. Le unioni civili non sono un matrimonio, che è fondato costituzionalmente sulla famiglia naturale».

Se è difficile ritenere che Jacopo Coghe possa essere ritenuto il maggior prodotto della natura in quel suo atteggiamento basato su un'odio contro-natura, patetico è come il fondamentalista che si sta battendo per impedire che la scuola possa confutare un indottrinamento ideologico che lui sostiene debba essere inteso come un suo diritto di padre (e quindi propiziatorio del bambino) si possa lanciare in un uso tanto ideologico e tanto scorretto della lingua al solo fine di precisare che lui esige che ai gay siano negati i figli mentre il suo amichetto Gandolfini deve poterne adottare a manciate come soluzione all'infecondità della sua unione matrimoniale (che, a dispetto dei suoi stessi slogan, è tutt'altro che aperta alla vita).
2 commenti