Provita sulla sua campagna anti-famiglie: «Noi contro i giudici»
Pare evidente che Toni Brandi odi le famiglie omogenitoriali e non tollera che i loro figli non siano resi orfani in ode a quanto a lui piaccia eiaculare nella vagina di una qualche malcapitata (d'altra parte la tessera della sua compagnia di trasporti offre lauti sconti sulle prestazioni delle prostitute di Praga). Ed è così che, insieme a Jacopp Coghe, ha pagato una campagna pubblicitaria finalizzata ad aizzare l'odio degli intolleranti contro le famiglie gay. In un comunicato stampa, i due fondamentalisti non nascondono le loro speranze sul fatto che il populismo possa rendere orfani quei bambini, contro le tutele garantite loro dai giudici:
La campagna è una risposta decisa a tutti quei giudici e sindaci (in particolare Virginia Raggi a Roma, Chiara Appendino a Torino, Beppe Sala a Milano e Luigi De Magistris a Napoli) che, violando la legge e il supremo interesse del bambino, hanno disposto la trascrizione o l'iscrizione di atti di nascita di bambini come “figli” di due madri o di due padri. A novembre toccherà alla Cassazione pronunciarsi proprio su una trascrizione avvenuta a Trento in favore di una coppia di uomini che aveva fatto ricorso all'utero in affitto in Canada.
Se in realtà la trascrizione è stata fatta proprio nel supremo interesse dei minori, i fondamentalisti spergiurano il falso, sostenendo che il vero interesse del minore sia quello di essere reso orfano dato che Brandi e Coghe odiano i suoi padri e detestano la sua madre biologica. Niente viene detto sugli eterosessuali che ricorrono alla GPA, spesso non certo in Canada ma in Paesi in cui le donne vengono pagate e in cui si può sfruttare la loro povertà.
Nei manifesti, affissi a Roma, Milano e Torino (con tanto di camion vela) i fondamentalisti hanno raffigurato due giovani che spingono un carrello con dentro un bambino disperato. Strizzando l'occhio a Salvini, il manifesto si premura di indicare i due uomini come “genitore 1” e “genitore 2”, con a fianco la scritta: “Due uomini non fanno una madre”.
Evidente è come l'attacco sia contro i gay e non contro la GpA, in un uso ideologico dei bambini a fini politici.
Tutto tronfio per quello schifo, Toni Brandi, in qualità di presidente di Provita Onlus, dichiara: «La nostra iniziativa intende sottolineare ciò che non si dice e non si fa vedere dell'utero in affitto, perché noi siamo dalla parte dei più deboli, i bambini, ma anche per la salute delle donne, trattate come schiave e ignare dei rischi per la salute a cui si espongono».
Jacopo Coghe di Generazione Famiglia (ex Manif Pour Tous, ribrendizzata a fini di marketing dopo l'acquisizione da parte della CitizienGo di Arsuaga) aggiunge: «L'utero in affitto è vietato in Italia e i bambini non si comprano, – perché sono soggetti di diritto e non oggetti. Con l'utero in affitto la dignità delle donne viene calpestata per accontentare l'egoismo dei ricchi committenti. Dall'immagine si vede bene cosa manca a questo bambino: la mamma».
Dopo il fallimento degli esposti presentati nel giugno scorso alle Procure di Milano, Torino, Firenze, Bologna, Pesaro contro le iscrizioni anagrafiche di bambini come figli di famiglie omogenitoriali, i due fondamentalisti hanno così scelto di tentare di aizzare l'odio degli intolleranti attraverso una disinformazione priva di contraddittorio.