Secondo un copione già scritto, Jacopo Coghe si è già messo a gridare alla censura: «È totalitarismo LGBT»
Secondo un copione già scritto, Brandi stampa manifesti che offendono donne, gay e bambini, li sparge per le strade delle città città e poi si mette a piagnucolare che lui i sente discriminato nel suo odio in attesa che un qualche leghista si offra si sponsorizzare e benedire la sua campagna d'odio.
È accaduto con i loro manifesti contro la libertà di scelta delle donne, con i loro manifesti per la derisione del femminicidio ed ora anche con i loro slogan contro le famiglie gay. E probabilmente lo sanno bene, dato che le polemiche garantiscono più visibilità di quanto abbiano pagato.
In un comunicato diramato dal forzanovista Toni Brandi e da Jacopo Coghe (il dipendente della CitizienGo che risulta sul libro paga di Ignacio Arsuaga), gli insulti si sprecano. Parlando in prima persona contro la rappresentante del popolo ed accusandola di illegalità dato che non ha obbedito ai loro ordini contro l'interesse dei minori, affermano:
«Cara Virginia Raggi, dopo aver trascritto in modo illegale gli atti di nascita di bambini con genitori dello stesso sesso, hai obbedito agli ordini della Cirinnà via twitter – che ti ha dettato di richiamare il codice etico di RomaCapitale – e alle lobby Lgbt». E’ dura la risposta delle associazioni promotrici del Family Day, Pro Vita e Generazione Famiglia, alla censura della loro campagna contro l’utero in affitto da parte della sindaca Roma. E’ stata infatti disposta nella Capitale la rimozione dei manifesti choc affissi che raffigurano due uomini, individuati come genitore 1 e genitore 2, che spingono un carrello con dentro un bambino disperato col codice a barre sul petto.
Fregandosene di come i figli della famiglie lgbt gli abbiano gentilmente chiesto di smetterla di dire stronzate nel loro nome con il fine ultimo di danneggiare e distruggere le loro famiglie, è ricorrendo al più becero populismo e sui più assurdi pregiudizi che i due imprenditori dell'odio omofobico affermano:
«Caro sindaco, ti diciamo noi chi è il vero offeso del manifesto» – attacca Antonio Brandi presidente di Pro Vita. «E’ il bambino, messo in vendita per coppie gay – prosegue – e destinato ad essere strappato dalla madre che lo ha partorito».
Per Jacopo Coghe, presidente di Generazione Famiglia, «I bambini non sono prodotti. Roma sprofonda nel degrado e le priorità del Sindaco sono le trascrizioni illegali all’anagrafe dei “figli di coppie dello stesso sesso” e la rimozione coatta di manifesti che stigmatizzano una pratica, quella dell’utero in affitto, illegale in italia. E’ totalitarismo LGBT».
Creando false contrapposizioni e sostenendo che la loro diffamazione debba avere pari dignità di una lecita discussione, è sostenendo che la legge italiana riconoscerebbe la supremazia dei loro schizzi di sperma che i due fondamentalisti concludono:
«Denunciamo con forza – hanno concluso Brandi e Coghe – che in Italia si è liberi di reclamizzare la maternità surrogata come ha fatto Vendola la scorsa settimana a Matrix, pratica vietata dall’art. 12 della legge n. 40 del 2004 e punita come reato con la reclusione fino a due anni e con la multa fino ad un milione di euro, mentre si cancellano le voci di libertà che mirano a rimettere al centro la dignità dei bambini, il loro diritto ad avere una mamma e un papà e la dignità delle donne, usate come incubatrici».
Il messaggio veicolato è chiaro quanto simile a quello che i nazisti cercarono di promuovere contro glie ebrei: a detta loro, il rispetto e la dignità è un qualcosa che non va garantito a chi è vittima delle loro crociate. Tanto nessuno mette in discussione le loro famiglie, anche se fa pena pensare che un Coghe a cui viene permesso di tenere in casa dei minori nonostante le stronzate che dice (per non parlare di quel Gandolfini a cui hanno fatto persino adottare figli) ma loro vogliono rompere le scatole alle famiglie altrui, fregandosene delle leggi, della morale e dell'etica.