Salvini insiste che lui vuole veder scritto «padre e madre» al posto di «genitori». Il Garante replica alle sue accuse

Dopo aver consegnato la scuola nelle mani della lobby di Massimo Gandolfini, è sempre per compiacere le pretese discriminatorie dell'odio organizzato che il premier leghista è tornato a chiedere una specifica sui sessi dei genitori nei moduli per la richiesta della carta d'identità dei minori.
Si tratta di una richiesta che non aggiunge nulla a ciò che esiste, ma che serve esclusivamente a discriminare e penalizzare le famiglie sgradite a Gandolfini.

Criticando la bocciatura da parte del Garante della privacy, Salvini è ricorso ai suoi consueti attacchi contro la divisione dei poteri, dicendosi scandalizzato che possano esistere regole e ogni suo tiramento non sia automaticamente ritenuto legge. È questo il motivo il Garante della privacy, Antonello Soro, è tornato sull'argomento per tentare di spiegarglo ciò che lui fa finta di non capire:

Il ministro Salvini dice di non aver capito l'intervento del Garante per la protezione dei dati personali con l'introduzione delle "paroline padre e madre nella carta di identità elettronica". Per dovere civico oltre che di rappresentante dell'Autorità ho il dovere di offrire un ulteriore chiarimento.
Primo. Il Garante, organo collegiale formato da quattro componenti eletti dal Parlamento in rappresentanza paritaria di maggioranza e opposizione, si è occupato del problema su formale richiesta di parere da parte del ministero dell'Interno.
Secondo. Il parere reso dal Garante riguarda la modifica delle informazioni riportate sulla carta d'identità elettronica dei minorenni e l'indicazione dei soggetti che possano richiedere, per il minore, il rilascio di tale documento d'identità. La disciplina attuale prevede che la carta d'identità elettronica del minore rechi i nominativi dei suoi "genitori" e che il rilascio di tale documento possa essere richiesto, appunto, dagli stessi "genitori". Il decreto intende invece sostituire (tanto nella carta d'identità, quanto nei moduli di richiesta e nella relativa disciplina) il riferimento ai "genitori" con quello al "padre" e alla "madre". Il parere del Garante ha, dunque, valutato la compatibilità di tale sostituzione terminologica - limitatamente allo specifico profilo "burocratico" del rilascio della carta d'identità elettronica e del suo contenuto - con la disciplina di protezione dei dati personali e, in particolare, con il principio di esattezza dei dati stessi e la tutela dell'identità personale.
Terzo. La modifica introdotta dal decreto si è rivelata inattuabile in alcune ipotesi, con gli effetti discriminatori che necessariamente ne conseguono per il minore. Per esempio, nei casi nei quali egli sia affidato non al padre e alla madre biologici, ma a coloro i quali esercitino - secondo quanto previsto dall'ordinamento - la responsabilità genitoriale a seguito di trascrizione di atto di nascita formato all'estero, sentenza di adozione in casi particolari o riconoscimento di provvedimento di adozione pronunciato all'estero. Ebbene, in tutti questi casi, la modifica proposta determinerebbe effetti paradossali. Ne illustro due. Se il minore è affidato a soggetti che non possano definirsi suo padre e/o sua madre, non potrebbe ottenere mai la carta d'identità elettronica, non avendo appunto egli alcun padre o madre legittimati, essi soli, a richiederne il rilascio. Oppure, per ottenere il documento d'identità del minore, i soggetti che ne esercitino la responsabilità genitoriale dovrebbero essere costretti a una falsa dichiarazione, attribuendosi (con la responsabilità penale che ne consegue), identità a loro non appartenenti. E anche ove la carta fosse rilasciata, essa recherebbe delle informazioni non veritiere circa l'identità dei soggetti esercenti la reponsabilità genitoriale del minore: cosa chiaramente incompatibile con lo scopo stesso del documento identificativo.
È del tutto evidente che il parere reso unanimemente dal Collegio del Garante non tocchi minimamente materie riservate a scelte discrezionali del legislatore, ma si limiti ad applicare la disciplina vigente. Ciò che ha espresso il Garante, quindi, non è affatto un'obiezione generale - tantomeno ideologica - alle nozioni di "padre" e "madre": soltanto l'esigenza di non definire in tal modo chi padre o madre non sia, ma eserciti comunque la responsabilità genitoriale su di un minore, secondo quanto previsto dall'ordinamento. Nella mia esperienza privata e pubblica non mi sono mai impegnato nella costruzione di una nuova semantica della famiglia. Ma penso si debba distinguere quello che è personale da quello che attiene alle regole dello Stato. Spero di aver chiarito.


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