Brandi querela Repubblica quasi pensasse di avere il copyright sul termine "provita".
È dalle pagine del quotidiano di Maurizio Belpietro che l'organizzazione omotransofobica Provita Onlus è tornata a mostrare tutta la sua ipocrisia. Se nei loro articoli erano soliti sostenere che che la loro fondamentalista Silvana De Mari dovesse poter dire che i gay sono «satanici» o che l'omosessualità sia «reversibile» in virtù di quella che loro sostengono sarebbe una «libertà di espressione» che deve poter tranquillamente sconfinare nella diffamazione, è contro l'opinione di Repubblica che il loro presidente dice di aver sporto denuncia.
Certo che Belpietro avrebbe proposto solo la sua versione in quella sua cistante propaganda a senso unico, ci troviamo in quel surreale processo per cui Brandi proclama «assolta» quella sua fondamentalista condannata in tribunale per diffamazione aggravata contro i gay per poi pretendete una condanna basata sulle sue opinabilo accuse.
Scrive il quotidiano di Belpietro:
«Abbiamo querelato per diffamazione aggravata a mezzo stampa la testata di Repubblica . In un articolo del 1 dicembre 2018, infatti, ci ha attribuito falsamente un blitz di Azione Frontale consistente nell'imbrattamento con manifesti della sede del primo Municipio di Roma, riportando un titolo lesivo della nostra reputazione. L'articolo ci addebitava un messaggio minaccioso indirizzato alla presidente del I Municipio Sabrina Alfonsi mettendoci in bocca le parole «Alfonsi è morte»: è quanto dichiarato dal presidente di Pro Vita
Antonio Brandi. «Chi pensava di attribuirci azioni e parole altrui, per di più recanti una sorta di nostra intimidazione neanche fossimo un'organizzazione criminale, ne risponderà davanti al giudice. Siamo un'associazione che agisce nel campo della solidarietà sociale e non funzionerà il giochetto di farci passare per un gruppo di violenti ed esaltati» ha continuato Brandi.
Se è quanto lamentava sia stato chiesto alla sua De Mari, interessante è come la condanna sia sputata senza manco contestualizzare i fatti. Il tutto per il soliti attacchi politici a quei 5Stelle che rompono le scatole al dominio politico del suo Matteo Salvini, unico alpha e omega della promozione di una cultura di morte da parte della sua organizzazione di promozione transifobica finanziata da Mosca. Ed è così che Brandi si lancia nell'affermare:
«È ormai da maggio di quest'anno che Pro Vita è perseguitata dall'amministrazione capitolina e dal I Municipio di Roma» - ha poi aggiunto - «con sanzioni e rimozioni dei nostri manifesti legalmente affissi, e con blitz e attacchi da parte delle cosiddette femministe e dai centri sociali. E tutto perché siamo portatori di opinioni assai poco ‘politicamente corrette’».
«Raggi, Alfonsi e tanti altri politici» - ha concluso
Brandi - «che non rispettano la libertà di opinione costituzionalmente garantita, e così anche i media che manipolano le notizie, sono avvertiti che noi non solo non intimidiamo nessuno, ma non ci facciamo neanche intimidire e non desisteremo fino quando non finirà la dittatura del pensiero unico».
Firmato, il vecchio che vuole vietare ai gay di poter avere una famiglia , che vuole vietare l'autodeterminazione altrui e che pare godere nel vedere bimbi terminali sottoposti a quelle atroci torture che il suo pensiero unico vorrebbe gli fosse inflitto contro l'interesse ssupremo del minore. Non c'è azione di Brandi che sia per qualcosa, tutto è sempre contro qualcuno mentre lui frigna che si sente discriminato perché non può discriminare.
A rilanciare le accuse di Brandi è anche Radio Padania e Il Secolo d'Italia, confermando la natura politica dell'operazione.
Peccato che sui manifesti i neofascisti abbiano scritto la frase: "Sabrina Alfonsi, quando la politica diventa morte. Giù le mani da Provita!". O Brandi è in malafede o ritiene che lui debba essere ritenuto il detentore del termine "provita" sulla base dell'uso deologico e antiletterario che è solito farne.