I numeri della manovra parlano chiaro: si taglierà su istruzione e sviluppo per elargire assistenzialismo
Ora che il governo ha finalmente indicato i numeri della sua finanziaria, inizia capirsi in che direzione vada il «cambiamento» da loro promesso in campagna elettorale: pensioni e assistenzialismo verranno foraggiati grazia e tagli sulle imprese e sull'istruzione.
Complessivamente, la spesa pubblica aumenterà di circa 51 miliardi, tra cui 8,5 miliardi di interessi serviranno a pagare gli interessi del debito pubblico. La cifra finale sarà praticamente pari ai soldi destinati alle pensioni, il cui costo crescerà di quattro miliardi come conseguenza della quota 100. Il cosiddetto "reddito di cittadinanza" farà invece crescere le risorse destinate all'assistenzialismo sino ai 42 miliardi.
Di contro, la spesa per l'istruzione sarà tagliata del 10% la spesa per l’istruzione scolastica, passando da 48 a 44 miliardi. A farne le spese saranno soprattutto l’istruzione primaria (meno due miliardi) e i tagli agli insegnanti di sostegno (un miliardo e mezzo in meno). Ma forse sarà inutile far studiare i propri figli dato che i tagli agli investimenti per lo sviluppo delle imprese farà cadere gli investimenti dai 24,7 miliardi del 2019 ai 19,6 miliardi del 2021. Insomma, non si investirà sul futuro mentre si staccheranno assegni per l'assistenzialismo con cifre pari a quelle che verranno investite per la formazione delle nuove generazioni.
E dato che Matteo Salvini continua a ripetere che il problema sono i migranti, su quel fronte i suoi tagli sono praticamente inesistenti. Si passerà dagli attuali 3,3 miliari di a 2,9 miliardi del 220, con un risparmio di soli 400 milioni in tre anni. Un decimo, rispetto ai tagli all'istruzione.