Mario Adinolfi: «I Gay Pride vanno vietati perché provocatori, offensivi e blasfemi»
Dopo la patetica crociata con cui Mario Adinolfi ha chiesto la censura di un film per la presenza di un bacio tra due uomini che si scontrava con il suo sostenere che per essere «cristiani» si debba essere omofobi, violenti, opportunisti ed arroganti quanto lo è lui, ora il fondamentalista chiede che le persone lgbt siano private del diritto costituzionale alla libera manifestazione.
L'ennesima aggressione viene firmata a nome del circolo pisano del suo partito, impegnato nel diramare comunicati stampa in cui lodano l'amministrazione per il loro abbandono della rete anti-discriminazione delle pubbliche amministrazioni e in cui chiedono un divieto allo svolgimento del Toscana Pride che si terrà a Pisa nel corso del 2019.
Nonostante sia difficile pensare ad un personaggio più blasfemo di quel Mario Adinolfi che quotidianamente stupra il nome di Dio con finalità discriminatorie, è vomitando menzogne e cattiverie contro i gay che scrivono:
E' facile per gli organizzatori del gay pride dire di essere un movimento che lotta per i diritti, per l'inclusione, per l'apertura verso la diversità, contro le discriminazioni, fino ad arrivare a proclamare "la rivoluzione dell'amore". Ma chiunque partecipa ai gay pride, rimane colpito dagli atti blasfemi come a Pompei, dalle bestemmie ripetute come a Imola, dalla derisione del sentimento religioso, da abbigliamento e scritte volgari, e nondimeno dal coinvolgimento dei bambini su temi che superano la loro capacità di comprensione. Nonostante tanti giudichino i vari pride "provocatori e offensivi, volgari e blasfemi", ad oggi nessuno ha mai avuto il coraggio di vietarli. Abbiamo assistito alla eliminazione in tempi record dei manifesti a favore della vita, della revoca delle autorizzazioni delle marce pro-life e dei pullman anti-gender, ai processi contro chi dava nozioni medico-scientifiche sui rapporti omosessuali, ma guai a chi tocca i gay-pride".
Tradotto: il partito di Mario Adinolfi spergiura la veridicità delle false accuse con cui il fondamentalismo organizzato ha condotto violente campagna del fango contro i Pride, incuranti di come tutti i fatti abbiano poi smentito il loro odio. Lodano le campagne d'odio con cui la lobby di Ignacio Arsuaga chiedeva di vietare qualunque contrasto all'omofobia nelle scuole, mostrano apprezzamento per chi sostiene che non si debba accettare la presenza delle persone transessuali e spacciano per «manifesti a favore della vita» gli orridi cartelloni con cui i forzanovisti di Provita Onlus denigravano le famiglie omogenitoriali.
Ricorrendo ad inimmaginabili dietrologie, il partito di Adinolfi arriva così a sostenere:
Se una manifestazione offendesse il Presidente della Repubblica o la Regina d'Inghilterra sicuramente non verrebbe autorizzata. Se una manifestazione fosse di oltraggio per l'Islam o per ogni altra religione non troverebbe posto in nessuna nazione. Bene ha fatto la Giunta pisana ad uscire dalla Rete Ready, assidua e fedelissima nel divulgare le tematiche Lgbt; ma è privo di senso far mettere la Croce nei luoghi pubblici se poi si autorizzano manifestazioni da parte di chi usa la Croce per rappresentazioni blasfeme. Chiediamo che si abbia la forza e il coraggio di non consegnare la città in mano a chi porta avanti una rivoluzione antropologica e culturale pericolosa prima di tutto per i bambini.
Detto da quel fondamentalista che ha infangato la croce usandola come titolo del suo giornaletto d'odio, il delirio pare non necessitare di ulteriori commenti. Ma resta comunque inaccettabile come il fondamentalista Adinolfi spalleggi i neofascisti che vogliono impedire ai gay cristiani di poter manifestare la propria fede per poi dare falsa testimonianza attraverso accuse di «blasfemia».
Esattamente quarant’anni fa, nel 1979, Pisa fu la prima città in Italia ad ospitare un Pride. La manifestazione fu una risposta alle violenze e all'odio che all'epoca si riversavano sulla comunità lgbt. Ora, a causa di personaggi come Adinolfi, pare che ancora una volta si dovrà dare una risposta a chi vive di odio e venderebbe le figlie pur di danneggiare la vita di un'intera comunità.