Zaira Bartucca si bulla di aver fatto chiudere Gayburg: «È ora di finirla con la retorica pro-gay, pro-ebrei e pro-migranti»
Dice che quella era solo una battuta «pungente e ironoica» e che lei stava augurando solo a specifici gay di essere trucidati nei campi di sterminio del presidente ceceno Kadyrov. Ora la signora Zaira Bartucca si sta bullando di aver fatto chiudere Gayburg, raccontando che si sarebbe sentita «diffamata» da una critica al suo tweet.
Fidanzata con un cittadino ucraino e responsabile di un sito filo-russo, la signora rispolvera tutti gli slogan del fondamentalismo organizzato nel suo scrivere che la censura dell'opinione altrui andrebbe inflitta sulla base di quel presunto «buonsenso» a cui ama appellarsi l'ideologia leghista, senza tener conto del diritto costituzionale alla difesa o al principio della libertà di opinione. Dalle pagine del suo sito, scrive:
“Ha prevalso il buon senso”. Soddisfazione per la scelta di Google di classificare i contenuti come diffamatori e per la chiusura parziale di Gayburg è stata espressa dalla stessa Bartucca. “Ha prevalso il buon senso. Non sono per nulla omofobica, ma per capirlo era sufficiente sapere che dietro la costruzione strumentale di gayburg c'erano state affermazioni normalissime da parte mia a difesa della famiglia, e reazioni strumentali dall'altra, quello che evidentemente Google ha appurato. C'è – ha continuato – un clima assurdo da inquisizione per chi difende i diritti della famiglia naturale o anche solo per chi ne parla. E’ ora di finirla con la retorica pro-gay, pro-ebrei, pro-migranti a tutti i costi che va a scapito di chiunque non rientri in queste griglie religiose, di pensiero o etniche”.
“Non bisogna – ha continuato – cedere alla pressione psicologica di chi scambia strumentalmente il buon senso con l'omofobia o con il razzismo. La decisione di bloccare in parte Gayburg, deve incoraggiare le persone, i comunicatori, le associazioni e i politici che oggi combattono la battaglia più difficile: quella a sostegno della famiglia per come è sempre esistita. Quella fatta da un uomo e una donna e da bambini protetti nella loro ingenuità, non oggetto di una pedofilia che ormai si tenta di incoraggiare anche tramite l'informazione. E’ il modello che difendo, senza offenderne altri. Questo, come correttamente riconosciuto da Google, non fa di me una persona omofobica”, ha concluso.
Se non si capisce in che modo la censura della libertà di espressione possa essere spacciata come un atto in presunta «difesa dei diritti della famiglia naturale» secondo gli slogan della lobby di Gandolfini, surreale è come dica di sentirsi «diffamata» nell'essere definita omofoba mentre scrive che sia «ora di finirla con la retorica pro-gay, pro-ebrei, pro-migranti a tutti i costi che va a scapito di chiunque non rientri in queste griglie religiose, di pensiero o etniche».
Riguardo ad accuse di un mancato diritto di replica che la signora ha sostenuto in una missiva inviata ad Open di Enrico Mentana, sostenendo che anche David Puente l'avrebbe «diffamata» nel riportare i suoi scritti, precisiamo che la signora non ci ha mai contattato così come emerge anche dalla sua stessa ricostruzione dei fatti in cui parla di generico «commento» e non di quella richiesta che sostiene in modo diffamatorio le sia stata negata.
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