Silvana De Mari chiede soldi per pagare il conto delle sue condanne per diffamazione

Silvana De Mari chiede soldi. In un logica perversa volta a sostenere sostenere che sia lecito delinquere e diffamare interi gruppi sociali se si vogliono ottenere leggi che limitino la libertà di espressione altrui in una sorta di sharia, la fondamentalista chiede versamenti diretti sul suo conto concorrente bancario con l'intento di potersi comprare l'impunità davanti ai reati che dice di star progettando.
In una vera e propria chiamata alle armi, è dalle pagine del suo blog che la fondamentalista scrive:

Volete battervi con me? Aiutatemi economicamente: dimostriamo che le denunce per diffamazione e relativi rimborsi (calcolati come?) per i nuovi psicoreati, non danneggiano nessuno perché ci sosteniamo a vicenda, perché siamo un esercito. La colletta è la nuova arma per combattere per la libertà.

Insomma, col denaro altrui vorrebbe comprarsi l'impunità. E lo vorrebbe fare progettando di promuovere reati penali come la diffamazione contro un preciso gruppo sociale. Il tutto, ovviamente, viene accompagnato dalla sua solita e patetica dialettica volta a giurare che il suo smisurato odio sarebbe una battaglia «per la libertà».
Incurante dell'ipocrisia di chi dice simili sciocchezze mentre il suo avvocato Gianfranco Amato sta gestendo da anni numerose denunce a stampo intimidatorio contro chiunque osi esprimere un parere sgradito alle lobby da lui rappresentate, la signora De mari aggiunge pure:

Non escludo che nel giro di qualche settimana parta l’associazione Alleanza per la difesa della libertà in Italia. Vale la pena di battersi per la libertà di parola.
Un grazie ai miei avvocati, che mi hanno assistito nel primo processo, grazie all’assoluzione su tutte le accuse meno una, abbiamo dimostrato che molte cose si possono dire.

Insomma, la signora sostiene che il reato penale di diffamazione sarebbe «libertà di espressione» 4e intende fondare un'associazione che paghi i crimini commessi dai suoi proseliti.

Già nei mesi scorsi Silvana De Mari cercò soldi attraverso la pubblicazione di un libro (edito dall'organizzazione integralista "Fede e cultura") in cui spergiurava che lei stesse conducendo una sacra crociata voluta da Dio contro «l'omologazione della dittatura gay». Ed è così che chiedeva soldi per leggere la sua patetica memoria difensiva (quella in cui citava siti porno per sostenere che i gay fossero satanici, ndr) dopo essersi definita come una «dottoressa accusata di diffamazione per aver detto che il sesso tra omosessuali causa danni all’organismo».
Pare dunque che la fondamentalista avesse deciso pure di mentire sull'imputazione mentre chiedeva soldi da «devolvere» alla sua fifesa anche se il fatto che il uso avvocato fosse un esponente di Allenza Cattolica ci fa presumere che forse non l'abbia manco pagato. Eppure far soldi con il vittimismo pare uno tra gli sport preferiti del fondamentalismo organizzato.


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