Il senatore leghista Pillon torna a sostenere la sua "bufala gender" attraverso la derisione dei partecipanti al pride
È a spese degli italiani che il senatore leghista Simone Pillon si sta trastullando nella realizzazione di video propagandotici finalizzati alla promozione dell'omofobia.
Con i suoi consueti toni da bulletto di periferia, il leghista ricorre alla solita bufala «gender» per inveire contro il Partito Democratico e per sostenere che i leghisti debbano essere ritenuti «cattolici» anche se disprezzano la vita umana. Ed è con una notevole arroganza che il leghista tenta di sostenere che lui avrebbe lo avrebbe ad un Pride.
Il senatore presenta così un filmato realizzato da un avvocato che milita nella Manifest Pour Tous di Bologna, il quale è andato in giro al Pride in cerca dei personaggi più facilmente strumentalizzabili al fine di chiedere loro «quanti generi ci sono?». Surreale è come l'intervistatore cerchi di ottenere pareri facilmente strumentalizzabili, ricorrendo a beceri trucchetti come il provare a sostenere che «maschile» e «femminile» sarebbero generi» e non sessi. Il tutto viene corredato da patetiche scenette in cui Pillon si mette le mani dei capelli in segno di disprezzo verso i manifestanti e verso quella realtà che lui non vuole accettare.
E non va meglio con un intervistatore che va in giro a dire che se un uomo può percepirsi donna, lui deve potersi percepire come un bambini di dieci anni. Il tutto mentre ogni affermazione viene puntualmente derisa e da un Pillon che ostenta la sua capacità a comprendere tutto ciò che va oltre le sue semplificazioni.
Come conclusione, il leghista si mette ad inveire contro il Pd, dicendo che sono loro chche appoggiano «questa roba qui». E poi parte con le sue solite filastrocche: «Si chiama ideologia gender e dice cose false. I bambini sono maschio e le bambine sono femmine. Già le mani dai nostri figli».
Ovviamente i bambini non c'entrano nulla, ma a sembra che a Pillon piaccia abusare di loro per strumentalizzarli come oggetti di propaganda volti alla promozione del suo odio.