Genova. La Lega istituisce una «polizia del decoro» incaricata di scacciare i clochard perché «indecorosi»
Il "prima gli italiani" su cui si basa l'ideologia leghista è un principio molto pericoloso. Il loro teorizzare una graduatoria che dovrebbe portarci a sopraffare il prossimo con l'obiettivo di ottenerne vantaggio non solo pare derivare dalle teorie illustrate nel Mein Kampf da Hitler, ma è anche la base di scontri sociali in cui il popolo viene invitato a calpestare gli altri nella speranza che il loro Matteo Salvini possa vederli e possa concedergli un qualche privilegio.
Su questa base assistiamo ad una violenza e una cattiveria mai vista in Italia contro una donna che ha la "colpa" di aver salvato vite umane, così come durante le regionali e le comunali i leghisti si sono presentati alle elezioni rimodulando il loro slogan al fine di promettere ad ogni comunità che loro sarebbero venuti prima delle altre. Il leghista ama le ruspe e le armi perché deve sopraffare l'altro se vuole che Salvini gli conceda quelli che dovrebbero essere diritti e non certo concessioni.
In questo quadro, pare inevitabile che la lista di persone che devono essere sacrificate sull'altare del proprio profitto si allunghi di giorno in giorno. Se il senatore Leghista Pillon teorizza che dai suoi coiti dovrebbero derivare privilegi civili, economici e sociali, a Genova l'assessore comunale leghista Stefano Garassina ha istituito squadroni di "polizia del decoro" che sono incaricati di colpire i poveri che lui sostiene rendano indecorosa la città.
Il caso è balzato alle cronache quando l'opera gesuita San Marcellano ha pubblicato su Internet la multa di 200 euro che la polizia del decoro ha inflitto ad un clochard che dormiva per terra. La sua "colpa" era quella di esistere anche se l'elettore leghista non vuole vedere la povertà perché si sente infastiditi dagli ultimi, siano naufraghi o italiani meno fortunati di loro. Quindi il clochard deve essere allontanato, sbattuto in un ghetto affinché l'elettore leghista possa dimenticarsene.
Il consigliere Alberto Cattaneo (Pd) osserva: «Ogni giorno le persone senza fissa dimora si sentono ormai dire “Tu non puoi stare qua”. Questa multa è solo l’ultimo episodio. Affrontare la povertà con una multa per chi non ha soldi è inefficace. Ce la si prende con i poveri e non con la povertà Rientra in quella logica di “cultura dello scarto” che sempre più pervade questa nostra società, una società sempre più “sclerocardica”, dura di cuore. Questa logica tende ad essere sempre più mentalità comune che contagia tutti e ci rende insensibili in tutti i campi. Sempre più si fa strada l’idea che basti fornire prescrizioni e strutture, un altrove, in cui concentrare e nascondere il disagio sociale piuttosto che contribuire a portare avanti progetti rispettosi dei tempi di queste persone [...] Le persone senza dimora sono divenute un “problema” non da affrontare ma da nascondere: la sofferenza umana infastidisce e deturpa la vetrina di una città che vuol apparire bella per i turisti e per il commercio. Questi uomini e queste donne sono considerati non solo come indigenti, ma anche come gente portatrice di insicurezza, instabilità, disorientamento dalle abitudini quotidiane e, pertanto, da respingere e tenere lontani».
E per quanto i leghisti amino leccare i crocefissi e roteare rosari, Cattaneo osserva come non ci sia nulla di cristiano nell'appendere simboli sacri se poi si odia il proprio prossimo: «Si tende a creare distanza tra sé e loro e non ci si rende conto che in questo modo ci si rende distanti da quel Gesù crocifisso che troviamo nell’aula consiliare comunale, l’Uomo che mai ha respinto ma anzi chiamati a sé i diseredati consolandoli. Questo atteggiamento antitetico non è altro che la sclerocardia che viene descritta nei Vangeli, una parola greca che significa durezza di cuore, che si ritrova nel brano dei due di Emmaus. Gesù rimprovera ai due questa durezza, perché non riescono a cogliere un senso alla storia fallimentare del Gesù, finito morto uomo come noi. Ma oggi non riusciamo a cogliere i fallimenti delle nostre vite, figuriamoci quelli degli altri e dei più indigenti».