Adinolfi dice che le unioni civili non servono perché i gay sarebbero «irrilevanti e fuori moda»
Stando alle teorie di Mario Adinolfi, dato che il numero di matrimoni civili ha superato quello dei matrimoni celebrati in chiesa, bisognerebbe pretendere la chiusura delle chiese ed impedire ai preti di poter sposare chi si rivolge a loro. Pare follia, ma è questo il tenore della nuova esternazione vomitata dal fondamentalista.
Forse incapace di comprendere l'ovvietà per cui le unioni civili abbiano avuto un picco dopo la loro approvazione dato che vi sono ricorse tutte quelle famiglie che lo stato si rifiutava di riconoscere, il pluri-sposato se ne esce sostenendo che la legge Cirinnà fosse una «moda» e che ora i gay avrebbero iniziato a sposare donne (chissà, forse solo per compiacere la sua smisurata omofobia).
In un patetico articolo intitolato "La legge Cirinnà? Subito passata di moda", il fondamentalista scrive:
Crolla il numero delle unioni civili tra Lgbt: erano state 4.376 nel 2017, sono appena 2.808 nel 2018. In un contesto dove tutto è giudicato dalla moda, si può ben dire che la legge Cirinnà non è più trendy. A sorpresa va forte invece il matrimonio, novemila sposi in più nel 2018 rispetto all'anno precedente, in totale 195.778 le nozze celebrate, quasi quattrocentomila persone ancora credono in questo istituto che molti danno per antiquato e desueto. Ma che evidentemente ha quel fascino che resiste alle mode correnti.
Secondo Adinolfi, dunque, lo scorso anno ci sarebbero stati eterosessuali che hanno sposato uomini «per moda» ed ora ci sarebbero gay che evidentemente sposano donne datoic he lui contrappone i due temi.
Si passa così a sostenere che gli italiano sarebbero molto religiosi, moltissimo cattolici e si sposerebbe in Comune solo perché inclini a rompere l'indissolubile matrimonio celebrato in chiesa...
Repubblica ha subito letto i dati Istat affermando che i matrimoni civili superano quelli religiosi, sbandierando con soddisfazione la scristianizzazione della società. In realtà bisogna precisare che sette italiani su dieci continuano a preferire il matrimonio in chiesa, ovviamente come prime nozze. Poiché le seconde nozze in chiesa non si possono fare e anche queste sono in aumento (c'è voglia di famiglia secondo l'articolo 29 della Costituzione, anche dopo un fallimento) il numero complessivo dei riti civili supera quello dei riti religiosi, anche se di pochissimo: 50,1%.
Pare molto infantile il suo sostenere che la gente si vorrebbe sposare in chiesa perché molto devota e non perché qualcuno guarda alla location e le chiese offrono panorami migliori da offrire ai visitatori. Non solo. Incurante di come lui dica di aver mollato la prima moglie perché si era sposato troppo giovane, il fondamentalista inizia a dire che gli altri devono sposarsi quando vuole lui. Asserendo che bisogna fecondare la donna quando è giovane, è senza farsi mancare insulti contro le famiglie gay conclude:
Da segnalare il vero problema che emerge dai dati Istat sul matrimonio in Italia diramati ieri: ci si sposa sempre più da vecchi. L'età media per i maschi sfiora i 34 anni, per le ragazze è a 31.5 anni. Bisogna avviare una grande campagna per incentivare i matrimoni tra giovani, non a ridosso dei capelli bianchi: ne va della fertilità e della conseguente natalità. Andrebbe raccontata la gioia di un matrimonio tra ragazzi con i figli che arrivano presto, spingendo alla responsabilità e alla produttività. Magari sostituendo l'ormai obsoleta narrazione sulle famiglie arcobaleno, non solo numericamente irrilevanti ma anche ormai fuori moda per gli stessi standard Lgbt.
E chi lo spiega ad Adinolfi che il matrimonio non è necessario alla procreazione anche se lui pare disposto a rendersi ridicolo pur di spergiurarlo? Se avesse un minimo di onestà intellettuale, saprebbe che oggi molte coppie si sposano solo dopo aver avuto figli per offrire tutele maggiori alla prole.