Fu l'Occidente a spingere l'Islam verso la criminalizzazione dell'omosessualità
Molti fondamentalisti sedicenti "cattolici" tentano di "giustificare" la loro omofobia sostenendo che gli islamici sarebbero più violenti di loro. Tralasciando l'assurdità del sostenere che qualcuno dovrebbe subire discriminazioni ingiuste solo perché qualcun altro subisce ingiustizie più grandi, la storia ci racconta che furono proprio i cosiddetti "cristiani" ad introdurre l'omofobia nell'Islam.
Nell'Impero Ottomano l'omosessualità era ritenuta del tutto normale, esattamente come lo era ai tempi dei greci. Data l'epoca, non tutto era condivisibile, ma è realtà storica il fatto che in tutti gli imperi legati all'Islam era normale che gli uomini più ricchi e anziani facessero sesso con ragazzi più giovani chiamati “amrad” (i quali non sempre erano del tutto consenzienti) dato che la loro cultura prevedeva che, dopo essersi sposati e riprodotti, l'uomo poteva divertirsi come preferiva, che si trattasse di uomini o donne.
Anche nel Corano si fa riferimento all'omosessualità. Se il testo parla di donne vergini che aspettano gli uomini in paradiso, cita anche la presenza di “ghilman”, ossia di giovani immortali pronti a servire le persone in paradiso. E lo stesso Maometto chiedeva la protezione delle persone transgender e non binarie.
Tutto è cambiato al tempo del colonialismo. L'occidente vedeva begli islamici un popolo inferiore, poco virile, facile da sottomettere. Ed è proprio per nascondere questo lato che gli arabi deciso di dimostrarsi più virili, introducendo la repressione delle donne e criminalizzando l’omosessualità.
L'imam Ludovic-Mohamed Zahed spiega: «All’inizio del XX secolo, gli arabi si vergognavano della loro storia antica. Hanno cercato di purificarla, censurarla, per renderla più maschile. Non ci doveva essere nulla nella femminilità, nell'omosessualità o altro. Ecco perché oggi siamo come siamo».
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