Il sitarello di Zaira Bartucca rivendica il "diritto" all'hate speech
Oltre ad inventarsi di sana pianta che Google avrebbe «classificato come diffamazioni» alcuni articoli di Gayburg che la riguardavano, il sitarello populista gestito dalla pubblicista Zaira Bartucca racconta pure i gay ricorrerebbero ad un fantomatico «utilizzo dei minori per propagandare l’idea della fluidità di genere secondo cui ognuno deciderebbe a quale sesso appartenere». Ovviamente non ci viene spiegato su che basi si inventino che il genere si «decida» e non si percepisca anche se a sostenere quella follia è solo ed unicamente la propaganda delle lobby integraliste, da anni impegnati ad attribuire false parole alle vittime della loro aggressione.
Iniziano così a raccontare che:
Oggi vogliamo ripercorrere la nascita dell’ideologia gay e del
pensiero che da minoritario è diventato dominante. Proprio così: ideologia e pensiero dominante. E inclinazioni debitamente costruite in decenni di affannoso lavoro che in tempi più recenti toccano istituzioni e organismi italiani in grado di agire in maniera radicata e capillare contando sul supporto di determinate parti politiche.
Parte così un attacco ideologico basato su populismi, decontestualizzazioni e violenza ideologica. Tacendo sul fatto che i giudici hanno smentito le teorie sostenute da un vecchio servizio delle Iene, il sito della Bartucca afferma:
Lo scandalo Unar. Nel 2017 il giornalista delle Iene Filippo Roma sdogana quello che fino a quel momento era considerato uno strumento di assistenza e consulenza per gay e un organismo di vigilanza. L’Ufficio Nazionale anti-discriminazioni razziali perde, in un attimo, tutta la credibilità che si era affannato a costruire nel corso delle costose campagne informative scolastiche, universitarie, istituzionali all’insegna del “gay è per forza bello e buono”. Non si tratta di un’esagerazione, ma il fulcro delle ideologie di cui si accennava e che vedremo meglio tra poco. Francesco Spano, l’allora 39enne avvocato toscano, è costretto a dimettersi con gran clamore quando si scopre che il governo Gentiloni (di cui faceva parte anche la renziana di ferro con delega alle pari opportunità Maria Elena Boschi) anziché svolgere le attività decantate, sovvenzionava con i soldi pubblici diverse attività socialmente degradanti e pagate con i soldi dei contribuenti. (sotto, il servizio di Filippo Roma – “Orge e prostituzione, e Palazzo Chigi paga”).
Se è folle voler sostenere che l'Unar volesse promuovere l'idea che «gay è per forza bello e buono» quando in realtà si parlava di contrasto alle discriminazioni, da denuncia è il sostenere che Spano avrebbe finanziato «diverse attività socialmente degradanti e pagate con i soldi dei contribuenti». Da notare è come il sitarello della Bartucca non spieghi di cosa si parli preferendo dare i suoi giudizi morali, così saranno certo che il lettore non capisca nulla e creda alle versione ideologica che loro stanno cercando di spacciargli a sfregio delle più basilari norme etiche e deontologiche.
Sempre inventandosi teorie fondate sul nulla, è sempre facendo riferimento al servizio di Filippo Roma che il sitarello della Bartucca duplica singole accuse ampliamene smentite per affermare:
All’Anddos sono ammessi quasi solo i gay. Ma l’Unar, non è l’unico organismo che è stato attraversato da aspetti controversi. L’Andoss è l’Associazione ricreativa circoli omosessuali. Stupirà, ma vi lavorano quasi solo persone lgbt, almeno stando ai dati pubblicati dall’Agi: a febbraio del 2017 l’Agenzia giornalistica italiana parla di “416 dipendenti gay, lesbiche, etero, trans e intersex”. Laddove si propugnano le idee della tolleranza, dell’integrazione, dell’uguaglianza tra gay e etero, i secondi sono insomma banditi. Lo stesso non si può dire dall’altra parte della barricata. La presenza di gay nel mondo del lavoro è ovviamente tollerata, ma quello che appare strano è che venga addirittura incentivata. E’ il caso dei canali televisivi, chiamati a riempire i palinsesti con presenze gay o ambigue a causa delle sollecitazioni degli organismi di settore.
Peccato che il dato citato non voglia dire nulla: è illegale rifiutare una candidatura sulla base dell'orientamento sessuale, ma non esistono quote fisse che vietino di assumere una maggioranza di gay qualora siano loro a candidarsi in maggioranza per un lavoro in un'associazione lgbt (di cui, peraltro, l'autore dell'articolo non pare conoscere manco il nome dato che lo scrive in maniera errata). Ed il riferimento al mondo televisivo e ad imprecisate «presenze gay o ambigue» è così tragicomica da non richiedere commenti.
Sempre inventandosi che i gay vorrebbero eliminate feste o che toglierebbe qualcosa agli etero, l'articolo affermano poi:
Un “esercito” con tattiche di assalto, uomini, mezzi e teorici. Ma rimanendo alla sola Italia come è potuto accadere che una minoranza acquisisca un potere tale da imporsi – spesso prevaricando – l’universo eterosessuale, scrivendosi le proprie leggi, chiedendo l’abolizione di feste come quelle del papà e della mamma a favore della “festa della famiglia”, imponendo sui documenti di identità dei minori la definizione di genitore 1 e genitore 2? Merito indiscusso dell’informazione asservita e dell’attività politica di propaganda pro-gay (in genere fiore all’occhiello dei democratici nostrani e d’oltralpe), ma soprattutto delle idee di fondo che nell’ultimo cinquantennio consentono il coordinamento e il dispiegamento di “forze” e di “unità”. Perché l’universo gay, almeno quello delle frange più fanatiche, è equiparabile a un esercito. Ha tattiche di assalto, uomini e mezzi da utilizzare e, anche, i suoi testi fondativi (veri e propri “manifesti”) e i suoi teorici, tuttora apprezzati e spesso presi alla lettera.
Con buona pace per la signora Bartucca, un un'orientamento sessuale non ha manifesti ma al massimo sono le associazioni ad averle al pari di quelle da cui il suo sito ha tratto la sua propaganda di disinformazione.
Tirando in ballo un tale Vance Packard, l'articolo inizia a proporre curiose teorie su una «psicologia nei mezzi di comunicazione di massa per influenzare la psiche», parla di «bambini a rischio» e finisce a citare quell'Orwell che è parte della propaganda integralista sulla base della neo-lingua suggerita da Steve bannon. Il tutto per arrivare a dichiarare:
Tutto inizia dal linguaggio. Ma come si è passati dal considerare l’omosessualità una malattia alla situazione paradossale di oggi, con gay iper-protetti e eterosessuali quasi impossibilitati a parlare di famiglia naturale, a politici, giornalisti, normali cittadini zittiti dai componenti di quella che viene definita la “Lobby gay”? Dalle teorie che legano pensiero e azioni. Se fino agli anni ’90 era considerato ordinario l’utilizzo di termini provocatori o satirici come “pederasta”,”frocio”, “checca” e simili, oggi si rischia la gogna pubblica o un’azione legale nell’articolare una persona con simili epiteti. Eppure la società ammette che il figlio di un buon padre di famiglia possa essere chiamato “bastardo” (di padre ignoto), una donna morigerata “puttana” (di facili costumi) e simili. Tutto, ma riferirsi all’omosessualità è linguisticamente vietato. Il linguaggio serve storicamente anche a propagandare idee: un’aspetto che l’Ordine dei giornalisti dei seminari formativi sul “bello e corretto parlare” ha certamente compreso.
Se non c'è satira in termini offensivi e se solo loro paiono pensare che il rispetto sia un attacco al loro odio, è da brividi pensare che un qualche lettore possa pensare sarebbe lecito usate i termini da loro proposti. Ed è surreale si dica che i gay sarebbero «iperprotetti» mentre li si aggredisce con una ferocia che pare destinata a restare vergognosamente impunita.
Si parte così a raccontare che un documento del 1970 sarebbe stato «infarcito di odio verso la famiglia tradizionale e l’eterosessualità». Peccato che l'autore dell'articolo sembri ignorare che la critica è a chi voleva "curare" i gay o chi li voleva sposati con una donna. Eppure il sito della Bartucca dice che «è lui forse il primo a teorizzare l’importanza del coming-out, e a leggerlo sembra di sentir parlare un attivista, un politico (o meglio un fanatico) di oggi».
L'articolo inizia cosi a tirare in ballo la zoofilia, senza spiegare che in quegli anni erano altri a equipararla all'omosessualità e che se se ne parlava è perché erano gli omofobi a tirarla in ballo e non certo perché i gay avessero qualcosa a che vedere con quella pratica.