Feltri si dimette, ma Il Giornale tenta di tramutarlo in un martire dell'odio e invoca l'abolizione dell'etica

Se Jacopo Coghe sostiene ne che commettere reati sarebbe «libertà di espressione» e «libertà religiosa» perché dice che il rispetto sarebbe «un bavaglio», è sulla base la stessa ideologia che Antonio Sallusti si è messo a sbraitare che insultare, offendere, violare l'etica e promuovere l'odio sarebbero «libertà di penisero» e che chi chiede il rispetto si una deontologia professionale starebbe mettendo «un bavaglio» ai giornalisti populistoi che vengono pagati per incitare l'odio, creare fratture sociali e rendere l'Italia un posto peggiore.

Davanti alla decisione di Vittorio Feltri di dimettersi dall’Ordine dei Giornalisti, è sul quotidiano populista di Berlusconi che Sallusti è stato capace di scrivere:

Dopo cinquant’anni di carriera si è dimesso dall’Ordine rinunciando a titoli e posti di comando nei giornali, compreso nel suo Libero (lo fondò nel 2000). Perché lo abbia fatto lo spiegherà lui, ma io immagino che sia una scelta dolorosa per sottrarsi una volta per tutte all’accanimento con cui da anni l’Ordine dei giornalisti cerca di imbavagliarlo e limitarne la libertà di pensiero a colpi di processi disciplinari per presunti reati di opinione e continue minacce di sospensione e radiazione.

Sostenere che i meridionali siano inferiori, dire che Greta è una «gretina», parlare di un sindaco pensando alla sua «patata» o sostener che i gay sarebbero pedofili sarebbero «libertà di penisero»? E Sallusti pensa davvero che la tutela dei cittadini sarebbe un atto grave verso il giornalista che diffama, insulta e defeca odio? Così semprerebbe, perché a fianco dell'editoriale vediamo dei titoli che incitano alla paura contro i migranti attraverso un improprio accostamento ai focolai di infezione da Coronavirus, secondo quelle logiche che portò Feltri a creare odio con titoli come questi:


Cavalcando quella crociata contro l'abolizione delle regole e dell'etica professionale che i populisti chiedono da tempo per poter usare le fake-news e le macchine del fango come darebbe il loro Putin, il direttore de Il Giornale scrive pure:

Dovete sapere che per esercitare la professione di giornalista bisogna essere iscritti all’Ordine – inventato dal fascismo per controllare l’informazione – e sottostare alle sue regole deontologiche, che oggi vengono applicate con libero arbitrio da colleghi che si ergono a giudici del pensiero altrui in barba all’articolo 21 della Costituzione, che garantisce a qualsiasi cittadino la libertà di espressione in ogni forma e con ogni mezzo. In pratica puoi fare il giornalista solo se ti adegui al pensiero dominante, al politicamente corretto. Chi sgarra finisce nelle grinfie del soviet che, soprattutto se non ti penti pubblicamente, ti condanna alla morte professionale. A quel punto sei fritto: nessun giornale può più pubblicare i tuoi scritti e se un direttore dovesse ospitarti da iscritto sospeso o radiato farebbe automaticamente la stessa fine.
Se invece ti dimetti dall’Ordine, è vero che non puoi più esercitare la professione – e quindi neppure dirigere. Ma uscendo dal controllo politico puoi scrivere ovunque, senza compenso, come qualsiasi comune cittadino.

La richiesta è sempre quella: abolire le regole e lasciare che tutti posano inventarsi quello che vogliono. Non a caso quella Zaira Bartucca che pubblica nomi falsi, telefonate illegale e fornisce gli indirizzi di privati cittadini ai gruppi neofascisti fu la promotrice di una fallimentare raccolta firme in cui chiedeva l'abolizione del codice deontologico. Lei, però, si invetò anche che l'intero Ordine dei Gironalisti fosse pagato e controllato da George Soros.


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