Il partito di Adinolfi chiede "libertà" di insulto e di licenziamento per i gay
Gabriele Marconi, esponente della sezione bergamasca del partito omofobo di Mario Adinolfi, dice di sentirsi disciminato perché non può discriminare. Piagnucolando come il suo leader plurisposato gli ha insegnato a fare, racconta che Facebook farebbe «bullismo» contro di lui e che lo avrebbe «censurato» solo perché lui si divertiva a dire che i gay sarebbero degli «sfigati» che lui invita a fare il trenino mentre promette di delinquere penalmente contro di loro (dato che è solo in quel caso che lui finirebbe alla sbarra come dichiara):
Il messaggio di cui il signor Gabriele Marconi pare andare molto fiero è una starnazzante polemica contro il plugin per Chrome che Pillon dice non debba poter aiutare le vittime di omofobia ad essere risparmiate dalle pagine che contengono insulti e offese contro di loro:
Il fondamentalista si affretta anche a dichiarare che lui e il partito di Adinolfi vogliono impedire ai gay di poter essere educatori, sponsorizzando l'avvocatessa che invita a discriminate le persone lgbt in termini di occupazione. Sostenendo che lui esige che i suoi figli abbiano educatrici che dichiarino pubblicamente di accogliere peni eretti nelle loro vaginali secondo le sue più lascive fantasie sessuali, l'esponente del partito di Adinofli scrive pure:
Si passa così al negazionismo, con l'eterosessulista bergamasco che si mette a giurare che l'omofobia non esisterebbe perché glielo ha detto Adinolfi. Ovviamente citare i dati dell'Oscad non ha alcun senso dato che il reato di omofobia non esiste ancora ed è dunque ovvio che ben pochi reati verranno classificati secondo una definizione non ancora includa nell'ordinamento giuridico:
Da qui si evince che quella "libertà" all'odio rivendicata dai fondamentalisti si traduce in intimidazioni contro le vittime di violenze, discriminazioni sul posto di lavoro e insulti ostentati come atti di bullismo di cui questa gente va pure fiera.
Leggi l'articolo completo su Gayburg