Siamo alla follia. Il Giornale paragona Pillon ad un ebreo perseguitato dai nazisti perché ritenuto omofobo


Su mandato del senatore leghista Simone Pillon, Il Giornale ha pubblicato un surreale articolo di Francesco Borgia dal titolo "Su Internet adesso si scheda chi è a favore della famiglia". E già qui pare che qualcosa non vada datoc he le premesse sembrerebbero in violazione di ogni più basilare codice etico dato che la premessa è che l'odio e l'omofobia sarebbero "a favore della famiglia" anche se non è certo a favore dei figli gay che Pillon chiede si evitino aggravanti per chi li aggredisse per strada in virtù del loro orientamento sessuale.
Il tema è un'estensione per i browser che è nata nel 2017 al fine di proteggere gli utenti a contenuti che potessero contenere messaggi d'odio contro di loro. Pillon se n'è accorto solo ora e ha ritenuto di dover piagnucolare che nessuno debba poter segnalare il suo odio contro le minoranze dato che lui esige che le sue vittime subiscano tutta la sua violenza.

L'articolo inizia prurigonosamente a raccontare che:

Un filtro o peggio un marchio. Per individuare subito chi è dall’altra parte della barricata nella non dichiarata ma ferocemente combattuta guerra all’istituto della famiglia tradizionale. Un filtro (o appunto marchio) che si ottiene attraverso una estensione del motore di ricerca. [...] C’è chi usa queste estensioni per essere sicuro che la sua personale ricerca non porti spiacevoli sorprese. I militanti lgbt, per esempio, usano frequentemente un’estensione che si chiama shinigami eyes. Un prestito giapponese (piuttosto lugubre, oltretutto, visto che ricorda le divinità della morte). Se il militante vuole essere sicuro che il nome che desidera trovare sul motore di ricerca non sia associato a una persona contraria (anche solo tiepidamente) alle battaglie che la sua comunità da anni combatte per azzerare morale cattolica e buonsenso comune in nome di una libertà senza limiti (nemmeno di decoro o misura), allora sfrutta questo «filtro». E voilà: se il nome digitato nella finestra della pagina iniziale del motore di ricerca appare rosso allora vuol dire che quella persona non condivide gli ideali lgbt (acronimo che si riferisce a quattro orientamenti sessuali: lesbiche, gay, bisessuali e transgender).

Pare vergognoso come il militante eterosessualista Francesco Borgia ricorra a parole che mirano a fomentare odio: un normale filtro come ne esistono milioni diventa "un marchio", l'odio viene giudicato "tiepido" sulla base del suo parere da maschio eterosessuale di pelle bianca, così come le vittime di odio diventano "militanti" per partito preso. Ed è curioso che l'odio venga spacciato per una non-condivisione di imprecisati "ideali lgbt".
Ed è patetico che il dofensore della "Famiglia tradizionale sia qual tale che vomita odio contro i gay mentre serve un tale che ha avuto figli da mogli diversi mentre sostituisce le sue fidanzatine con ragazzine sempre più giovani.

Usando l'omofobia che il loro quotidiano promuove da anni per fini prettamente partitici, l'articolo inizia raccontare che il loro Salvini e la loro Meloni non sarebbero omofobi mentre chiedono impunità per i reati d'odio, si oppongono alle famiglie dei gay e sostengono che i loro pruriti sessuali debbano garantirgli privilegi economici e giuridici:

Su segnalazione del senatore della Lega Simone Pillon, abbiamo potuto constatare di persona che la ricerca di determinati nomi porta alla scoperta di una connotazione drastica e inappellabile. Se ti chiami Matteo Salvini, a esempio, e il tuo nome viene digitato sul motore di ricerca di Google accresciuto dell’estensione Shinigami eyes, i tuoi profili social appaiono rossi. Se ti chiami, invece Mario Bianchi (nome di invenzione) e nella tua vita non hai mai espresso alcuna opinione negativa contro l’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali o di matrimoni tra persone dello stesso sesso, allora il tuo nome non sarà indicato con il colore rosso.
Abbiamo proseguito la ricerca cercando di individuare almeno alcuni dei nomi che costituiscono una sorta di pantheon negativo del mondo lgbt. Oltre a Salvini e allo stesso Pillon, compaiono anche il nostro direttore Alessandro Sallusti, Mario Adinolfi e Giorgia Meloni (solo per citare qualche nome), fino agli organizzatori del Family Day.

A quel punto, l'articolo afferma che gli omofobi sarebbero discriminati perché un utente potrebbe scegliere di non vedere quello che loro scrivono:

Un marchio di «infamia», insomma, che mira a ripetere – è il commento dello stesso senatore Pillon che ha scoperto questa sorta di discriminazione – quanto fatto durante gli anni Trenta per discriminare gli ebrei con la stella gialla cucita sui vestiti.

Ma sono certi che l'"infamia" sarebbe chiamare le cose con il loro nome e non trovarsi con il loro amichetto leghista che si vanta di deridere le vittime di omofobia con emendamenti patetici sull acalvizie?
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