L'incubo senza fine. Zaira Bartucca: «Gli autori di Gayburg sono ratti»


Non sappiamo perché mai la signora Zaira Bartucca (che sostiene di essere una giornalista professionista nonostante il suo nome non compaia in alcun albo) si dica così certa che noi non l'avremmo denunciata per le sue diffamazioni, i suoi insulti e le false notizie che si è divertita ad inventarsi combutta con quel suo amichetto ucraino. Certo è che pare un po' patetico il suo dirsi "perseguitata" da articoli che si limitano a sbugiardare la sua diffamazioni. Magari lei sogna un regime alla Putin in cui si possa procedere alla sistematica eliminazione di chi dice la verità, ma in Italia vige ancora il diritto di smentire le bufale inventate da una tizia che da mesi racconta il falso.

Ora si è messa a piagnucolare che oggi avremmo scritto quattro articoli (anche se in realtà non sono quattro), ma tace sull'evidenza di come quegli articoli siano una risposta ad un numero ben più elevato di massaggi infarciti di odio e di diffamazione riconducibili alla sua responsabilità. Rispondendo compulsivamente ad ogni smentita, sempre premurandosi di rincarare la sua dose di insulti e di minacce, scrive:


Quindi la sua teoria è che il"giornalismo" si faccia inventandosi cose a caso e dicendo poi che le smentite sarebbero diffamazione perché a lei dà fastidio la verità dei fatti? E davvero ritiene che le bugie debbano essere spacciate per verità sino a quando le sue vittime non si ritrovano costrette a spendete i loro soldi per denunciarla? L'Ordine dei Giornalisti non ha nulla da dire?

Ed ancora, è sul suo sito che lei inserisce anche Radio Padania Libera in un elenco riservate a quelle che lei sostiene sarebbero «partership con siti e media». Lo troviamo tra un sito di cucina che pubblica ricette ed aggregatori che raccolgono qualunque sito si iscriva. Si vanta anche della sua adesione a due piattaforme di content marketing, le quali prevedono la sua disponibilità a pubblicare contenuti a pagamento come se fossero notizie



E se pare che la signora abbia dato ampio adito alla fantasia indicando aggregatori e siti in cui ci si può inscrivere con due click, è inveendo contro di noi che dice che le partnership da lei dichiarate non sarebbero vere perché i padani si sarebbero limitati r le sue posizioni negazionoste e populiste.

Inventandosi che l'aver segnalato quanto da lei dichiarato sul suo sito significherebbe inveire contro il suo Salvini, è vomitando insulti a raffica che ci accusa di aver scritto quanto da lei dichiarato anche se pare non fosse vero. La sua teoria è che la collaborazione segnalata non sarebbe una collaborazione ma un riferimento ad interviste che le sarebbero state fatte. Insomma, anche noi appariamo su Google ma non ci dichiariamo loro partner per poi inveire contro chi legge quello che scriviamo. E se noi non vediamo alcuna indicazione sul fatto che la partnership da lei indicata non sarebbe una vera partnership (la pagina la vedete anche voi), è insultandoci che scrive:


Interessante è anche come si inventi che noi millanteremmo che lei non sarebbe giornalista, quando in realtà rileviamo un semplice dato di fatto: il suo nome non compare in alcun albo professionale esattamente come alla sua partita IVA non pare risultata legata alcuna PEC così come previsto dalla legge italiana.
E neppure si capisce su quali basi dica che noi non saremmo riusciti a far parte di chissà quale categoria, in quel suo detto e non detto che insinua cose basate sul nulla all'unico scopo dimostrare il suo stile di vita che pare basato unicamente sul bullismo e sull'invettiva. Passi il suo voler istentare una scarsa morale e una bassa etica professionale, ma inventarsi fatti a caso è un qualcosa di cui potrebbe essere chiamata a rendere conto.
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