Il Giornale deride i migranti che chiedono asilo per contrapporli alle orge dell'eurodeputato omofobo ungherese

In quella sua incessante campagna contro i richiedenti asilo, Il Giornale continua a pubblicare vergognosi articoli che parrebbero violare ogni più basilare codice deontologico pur di assecondare quella loro Giorgia Meloni che dice di non voler tenere fede al trattato di Ginevra che fu sottoscritto settant'anni fa. Questa volta se ne sono usciti scetivendo:


Deridendo la vita sessuale di un rifugiato e ricorrendo all'omofobia pure nel commentare la partecipazione ad un'orgia gay da parte di un politico anti-gay allato con la loro meloni e il loso Salvini, scrivono:

Fino ad oggi non lo sapeva nessuno. O solo in pochi. Ma l'Italia vanta tra i migranti accolti negli ultimi anni anche il protagonista di una storia di sesso, scandali hard e peccati politici che meriterebbe le pagine dei rotocalchi rosa.
Invece è stata messa nero su bianco in una sentenza del Tribunale di Bologna nel febbraio del 2018. Una vicenda curiosa, che fa impallidire - forse - anche la più recente orgia tra maschietti in cui è stato invischiato un europarlamentare del partito ungherese di Viktor Orban.

Deridendo la vittima e affermando frasi che trasudano di omofobia, l'articolo prosegue in quello che pare un triplo salto mortale volto a distogliere l'attenzione dalle orge dell'eurodeputato ungherese per vomitare odio contro un migrante che ha rischiato di essere ucciso perché gay:

Daremo un nome di fantasia - Malik - al nostro impavido protagonista, nigeriano di origine, cristiano, nato a Owa-Ekei e vissuto ad Agbor. Il suo arrivo in Italia risale al giugno del 2016 dopo una rocambolesca fuga da potenti amori omosessuali. Di fronte alla Commissione territoriale che valuta la sua domanda di asilo a ottobre del 2016, Malik sostiene di non voler essere rimpatriato perché teme "di essere ucciso dai ragazzi del quartiere o di venire arrestato". Paura leggittima. Ma provocata da cosa? Tutto inizia nel 2004, quando Malik inizia una relazione omosessuale con un compagno. Nessuno lo sa, ovviamente, visto che in Nigeria quelle gay non sono unioni considerate propriamente "civili". La passione procede finché alcuni vicini non fanno irruzione in casa, li scoprono in amorosi accoppiamenti e li picchiano a sangue. Malik riesce a fuggire miracolosamente, si nasconde per tutta la notte dietro un cespuglio, mentre il compagno pare venga ammazzato di botte.
Malik scappa allora a Onisha. Qui inizia a lavorare in un mercato e il tempo scorre quasi normalmente. Poi un incontro gli cambia la vita. Tra le bancarelle conosce un uomo, pure lui omosessuale, che lo porta a casa sua e fanno quel che devono fare. Velo di censura. Si dà il caso, però, che il misterioso amante sia un politico del posto, "presidente del quartiere di Awka del PdP", cioè del People's Democratic Party, uno tra i due partiti più importanti della Nigeria e solitamente conservativo nei costumi. Tra una relazione sessuale e l'altra, Malik conosce anche un altro politico, amico del primo e "presidente del partito Pdp di Alika South in Anambra State". "Un giorno - si legge nella sentenza - mentre si trovava in camera d'albergo" con uno dei due "facevano irruzione poliziotti e giornalisti che scattavano foto". Esplode lo scandalo. Malik fugge dalla finestra, arriva a Kano in qualche modo e da lì prende la via prima della Libia e poi dell'Italia.

Sempre inveendo contro la vittima e irridendo la situazione, l'articolo inizia a deridere persino le prove portate ai giudici:

A sostegno del suo racconto porta pure una copia del giornale "The Nigerian Observer" dell'8 aprile in cui si parla, con dovizia di particolari, "dell'arresto del politico a seguito degli atti compiuti nella camera d'albergo in Onisha". Nel pezzo viene citato pure Malik, ricercato dalla polizia per le sue condotte sessuali "tabù" e contrarie alla legge: gli agenti sarebbero andati fino ad Agbor per scovarlo, senza successo. "Dalle indagini svolte - si legge nella sentenza - risulta che il ricercato sia conosciuto sul posto come 'popular gay' a seguito dell'episodio in cui aveva perso la vita il compagno nel novembre del 2015". Il bello è che nell'articolo si ipotizza pure "che il ricercato", cioè Malik, "si avvalga di un talismano per ipnotizzare la gente e riuscire facilmente a scappare".
Talismano o meno, Malik alla fine è stato ritenuto credibile dal giudice bolognese. E vista la "stigmatizzazione sociale" contro gli "orientamenti sessuali non ritenuti ortodossi" in Nigeria, ha concesso al migrante lo status di rifugiato. In questa storia resta però un buco: chissà che fine hanno fatto i due politici finiti nello scandalo hard che, di striscio, ora coinvolge pure l'Italia.

Ovviamente non è chiaro perché il signorino Giuseppe De Lorenzo si senta legittimato a deridere un ragazzo che è stato perseguitato e ha rischiato il linciaggio solo per aver fatto sesso. Ed è aberrante l'odio che quell'articolo ha suscitato nei neri lettori della testata di propaganda populista,. Tra i commenti leggiamo frasi come:

Insomma, seminano odio per raccogliere odio.


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