La sparata di Pillon: «Se riescono a censurare il presidente degli Stati Uniti, come mai non riescono a censurare la pedopornografia on-line?»
Anche il sentore leghista Simone Pillon pare voler scimmiottare il qualunquismo di don Bianchi, cercando di semplificare temi complessi a fini prettamente propagandistici. Peccato, però, paia comolto grave che il vicepresidente della Commissione Infanzia nominato da Matteo Salvini paia non avere la più pallida idea di cosa sia e come funzioni la pedoponografia.
Asserendo che il suo amatissimo Donad Trump sarebbe stato «censurato» visto che lui non pare aver problemi con l'attacco armato alla democrazia che l'ex presidente aveva fomentato a suon di fake-news diramate sui social, il leghista scrive:
Qualcuno prova a fargli capire che la sua banalizzazione del problema è folle, ma pare che i leghisti non abbiano alcuna intenzione di affrontare i reali problemi quando basta scrivere cose a caso e tirare in ballo i bambini per ottenere facili consensi da chi magari finisce col credere realmente a quello che scrivono.
A Pillon i cittadini pagano uno stipendio mensile pari a 14.634,89 euro, con un’indennità mensile lorda di 11.555 euro e una diaria di 3.500 euro a cui si aggiungono un rimborso per le spese di mandato pari a 4.180 euro e 1.650 euro al mese come rimborsi forfettari tra telefoni e trasporti. Con tutti quei soldi, il leghista non si preoccupa neppure di dare senso alle cose che scrive, paragonando la sospensione di un profilo da parte di un'azienda privata a del materiale che chiunque (lui compreso) potrebbe mettere in rete semplicemente detenendolo sul proprio computer. Il fatto che lui metta a confronto l'azione effettuata su un singolo server con la totalità di tutti i computer e di tutti i telefoni collegati ad Internet nel mondo sa di presa in giro ai suoi datori di lavoro (ossia ai cittadini).