Provita Onlus difende i cartoni animati razzisti. Don Bianchi accusa Disney+ di essere «il diavolo»
Dopo aver chiesto la censura di decine di cartoni animati da loro ritenuti troppo inclusivi e troppo porco discriminatori verso le minoranze, l'organizzazione Provita Onlus si è messa a sbraitare che a loro non sta bene che Disney+ possa ritenere inadatti ai minori di 7 anni dei vecchi cartoni animati che proponevano gli stereotipi razzisti dell'epoca.
Dispensato virgolette volte a negare il senso delle parole, scrivono:
La Disney sta combattendo una “battaglia” contro quelli che reputa cartoni animati “razzisti".
È quanto sta accadendo in Gran Bretagna dove la piattaforma DisneyPlus ha vietato ai minori di 7 anni la visione di cartoni come PeterPan, Dumbo e gli Aristogatti. Cartoon definiti “discriminatori”
Evidentemente intenzionati a deridere il tema, propongono una surreale ricostruzione dei fatti:
Peter Pan sarebbe stato bloccato perché presenta una tribù di nativi americani i cui membri sono indicati come “pelli rosse”. Gli Aristogatti, invece, per la presenza di un personaggio di gatto siamese chiamato Shun Gon, i cui occhi obliqui e denti sporgenti sono stati descritti come una caricatura delle persone di origini asiatiche. Dumbo, invece, viene accusato di aver ridicolizzato gli afroamericani schiavi nelle piantagioni degli Stati del Sud degli Usa.
Ovviamente il tema è un po' diverso da come Provita Onlus lo presenta.
- In Dumbo (1941), i corvi neri hanno un accento grottesco che suona inequivocabilmente come una caricatura dei neri che venivano costretti a lavorare nelle piantagioni. Cantano un brano chiamato «lavoriamo come schiavi» e il loro leader si chiama Jim Crow, come le leggi Jim Crow che crearono e mantennero la segregazione razziale.
- In Peter Pan (1953) i «pellerossa» sono una caricatura non lusinghiera dei nativi americani e, in inglese, vengono definiti con il un termine oggi inaccettabile come «redskins». Inoltre i bambini organizzano anche battute di caccia all'indiano.
- Nel Il libro della giungla (1962), la storia ispirata ad un colonialista come Rudyard Kipling propone l’orangotango Re Luigi è doppiato con una voce che ricorda quelle delle «blackface» dei vecchi film in bianco e nero, così come le sue movenze.
- In Lilli e il vagabondo (1955) e Gli Aristogatti (1970), i perfidi gatti siamesi hanno occhi a mandorla esono tutti uguali fra loro nel classico cliché razzista degli occidentali. Usano le bacchette persino per suonare il piano, in una derisione esplicita dei cinesi.
Inoltre, in Lilli e il Vagabondo ci sono innumerevoli di cani-cliché, che parlano americano con accenti stranieri da barzelletta.
A difendere il cartoni animati razzisti è anche il parroco leghista di Gatteo Mare e Villamarina. Ottenendo preghiere all'arcangelo Gabriele affinché condanni i bambini ad un indottrinamento razzista che possa condurli sulla strada del legalismo, è dal suo profilo Twitter che scrive:
Accusata Disnety+ di essere «il diavolo» perché non incline ad indottrinare i bambini agli stereotipi razzisti con cui il suo Salvini fattura sui suoi conti esteri da "sovranista", il parroco dichiara anche che quelle immagini sarebbero bellissime:
Non è un po' strano che quei gruppi che sostengono la "priorità educativa dei genitori" quando si parla di combattere gli stereotipi siano i primi a pretendere che i genitori non debbano essere messi in guardia su contenuti datati che potrebbero incutere stereotipi dei loro figli?