Polonia e Ungheria vogliono proteggere chi diffonde notizie false e contenuti discriminatori sui social

Mentre il senatore leghista Simone Pillon indica nell'Ungheria e nella Polonia due esempi di populismo a cui la sua Lega deve ispirarsi, i due governi sembrano sempre più intenzionati a proteggere chi diffonde notizie false e contenuti discriminatori sui social network.
In Polonia, ad esempio, il primo ministro Mateusz Morawiecki ha criticato Facebook e Twitter per il loro contesto all'odio sostenendo che «né gli algoritmi né i proprietari delle multinazionali dovrebbero decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato». Sulla scia delle proteste dei trumpiani, ha anche proposto una legge che istituisca un "consiglio della libertà di espressione" a cui potranno rivolgersi tutti gli utenti bloccati o che hanno subito restrizioni dell’account, stabilendo che i social dovranno pagare multe di 11 milioni di euro dinnanzi ad ogni contenuto bloccato che piace al governo polacco.
Il viceministro polacco della Giustizia, Sebastian Kaleta, ha dichiarato: «Sappiamo che gli anonimi moderatori delle piattaforma censurano spesso opinioni che non violano la legge ma sono semplicemente critiche nei confronti del pensiero di sinistra. Questo crea rilevanti rischi per la liberà di espressione». Tra loro ci fa rientrare Janusz Korwin-Mikke, un deputato polacco ed ex parlamentare europeo che usava i social per promuovere le sue posizioni omofobe e razziste.
In Ungheria, invece, la ministra della Giustizia Judit Varga, considerata vicinissima al primo ministro Viktor Orbán, ha annunciato che il governo intende «regolamentare le operazioni nazionali delle piattaforme online» in quanto loro sostengono che i social «limitano la visibilità delle opinioni cristiane, conservatrici e di destra».


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