In piena pandemia, Cascioli invita i preti a violare le norme sanitarie
Se è già molto opinabile che le chiese possano restare aperte mentre cinema e teatri vengono obbligati a restare chiusi, i fondamentalisti si lamentano che a loro non basta. Riccardo Cascioli vuole che ai preti sia permesso di toccare le lingue dei presenti e di spargere la loro saliva.
Invitando i religiosi a violare le regole sanitarie concordate con la Cei per limitare il rischio che le chiese di trasformino in luoghi di diffusione della pandemia, è dalle pagine del suo sito che pubblica un articolo che invita a frodare la legge:
Nella loro intervista, tal monsignor Christophe J.Kruijen teorizza che i preti non siano soggetti alle leggi dello Stay e che possano delinquere come e quanto vogliono.
La Comunione sulla lingua è stata proibita dalle Conferenze Episcopali per lo più con comunicati. In Italia, per esempio, si tratta di un protocollo firmato dal Card. Bassetti d’intesa con il Governo, nel quale si afferma genericamente che il ministro deve aver «cura di offrire l’ostia senza venire a contatto con le mani dei fedeli». Quanto sono vincolanti indicazioni di questo tipo?
In un mio precedente articolo, ho concluso per l’invalidità di detta proibizione, partendo dal fatto che la potestà legislativa dei singoli vescovi o delle Conferenze episcopali «è da esercitarsi nel modo stabilito dal diritto», il quale dispone che «da parte del legislatore inferiore non può essere data validamente una legge contraria al diritto superiore» (can. 135 § 2 CIC). Ora, il diritto liturgico universale prevede che i fedeli abbiano sempre il diritto di ricevere la santa Comunione sulla lingua (vedi l’Istruzione Redemptionis Sacramentum, 92, ma già l’Istruzione Memoriale Domini del 1969 e l’Institutio generalis del Messale Romano, 161). Questa posizione mi sembra giustificata a fortiori quando il divieto in questione viene imposto con un semplice comunicato o in termini vaghi.
A quel punto il monsignore inizia a giocare a fare il virologo:
Una situazione eccezionale di tipo “covid” non può giustificare l’abolizione dei diritti basilari. Anche nell’emergenza rimangono principi fondamentali, come il rispetto del diritto e della coscienza. In modo analogo, rimane valida la legge morale anche durante i conflitti armati (cf. CCC 2312). Il divieto ingiusto di dare la Comunione sulla lingua è basato innanzitutto su pregiudizi irrazionali. E’ importante ribadire tre aspetti.
Anzitutto, dal punto di vista sanitario, in globo le mani sono più “sporche” rispetto alla bocca. Di fatto, l’etichetta sul vasetto di gel idroalcolico che sta di fronte a me inizia proprio con queste parole: «La maggioranza delle malattie infettive si trasmette tramite le mani». In secondo luogo, il rischio sanitario “zero” non esiste. Se rimane una possibilità di infezione con la Comunione in bocca, questo vale anche per la Comunione in mano. Non esiste un consenso scientifico sul fatto di sapere quale sia il modo di amministrare la Comunione più “sicuro”. Anzi, nel mio articolo sulla questione, cito vari medici che ritengono che la Comunione in mano sia meno “sicura” rispetto a quella sulla lingua. Infine, dal punto di vista empirico, conosco luoghi in cui la santa Comunione continua ad essere data ai fedeli in bocca da vari mesi, senza che questo abbia provocato particolari problemi di infezione. D’altronde, non sono a conoscenza di testimonianze storiche di infezioni in seguito a questa prassi.
Quindi, a detta sua, il fatto che il Covid si trasferisca con la saliva non avrebbe effetti su un prete che prende i batteri di un fedele e li distribuisce al resto della fila?
E non pare andare meglio tra i commenti, dove i seguaci di Cascioli pubblicano frasi come queste: