Provita Onlus perde l'ennesima causa e se la prende con i giudici: «Il diritto di critica altrui è una dittatura»
Ormai siano ben oltre il ridicolo. Mentre l'organizzazione forzanovista Provita Onlus se ne va in giro a dire che i reati penali di matrice omofobo dovrebbero essere ritenuti "libertà di espressione" da garantire a neofascisti e intolleranti, il loro presidente attacca la Magistratura perché i giudici hanno rigettato la sua denuncia contro un onesto cittadino che ha espresso il suo diritto di critica dinnanzi alle ideologie promosse della loro organizzazione.
Brandi sostiene sia inaccettabile che un commento sia stato inserito nel suo contesto, lamentando come i giudici abbiano voluto far chiarezza sulle affermazioni criticate dalla persona che Toni Brandi ha trascinato in tribunale con l'accusa di diffamazione.
La sua sconfitta giudiziaria si è così trasformato in un attacco alla Repubblica Italiana, alla magistratura e ai principi della nostra Costituzione, con l'organizzazione di estrema destra che ha diramato un comunicato in cui afferma che in Italia esisterebbe «libertà di espressione solo per chi odia» in virtù di come loro dicano che vivremmo «in una dittatura del pensiero unico». Asserendo poi che «l'Italia non può essere considerata una vera democrazia» in virtù di come anche il loro presidente sia soggetto al diritti di critica garantito dalla nostra Costituzione, è attraverso i loro canali social che hanno distribuito questo assurdo video in cui Maria Rachele Ruiu (esponente della setta di Gandolfini e promotrice di un corso di educazione biblico che invita i bambini a praticare sesso bareback) intervista Toni Brandi (presidente dell'organizzazione forzanovista) riguardo a quella che loro sostengono sia «una assurda esperienza giudiziaria»:
Il tenore del loro video-proclamo è tragicomico
Maria Rachele Ruiu: Avete mai visto la faccia di uno che si fa una **** sulla videocassetta dell'Albero della vita? Questo è il commento Alla pubblicazione di un post su Facebook di un personaggio, un personaggio che è un provocatore nato, che bestemmia per esempio in piazza perché secondo lui deve essere cancellato il reato di blafemia. Ecco questo personaggio ha scritto queste parole irricevibili sotto la foto di Toni Brandi, prendendo una frase che Tony aveva detto in un'intervista rispetto all'educazione sessuale nella scuola dei bambini. Cioè affermando che l'educazione sessuale e la sessualizzazione precoce dei bambini sia pericolosa. Anche rispetto a quello che è la pedofilia. Che è successo qua in questo processo? La follia è che che dopo che noi abbiamo chiesto abbiamo querelato questo personaggio per diffamazione, perché ha scritto una cosa ricevibile sulla tua faccia per lesa immagine, il processo di è trasformato in un processo alle idee di Tony e quindi alle idee Provita Onlus e di di tutti quelli che ci seguono e ci supportano. Cosa ne pensi tu?
Toni Brandi: È esatto quello che ho detto. Sono esterrefatto perché io, la parte offesa al processo, divento un imputato. Dove sono state messe in dubbio e attaccate le nostre ide. Tutto qui
Maria Rachele Ruiu: Potremmo ridere se non fosse gravissimo. Avete mai visto la faccia di uno che si fa una **** sulla videocassetta dell'Albero della vita? Questo, secondo i giudici, sarebbe un diritto di critica. E questo diritto di critica così violento, che ha visto disegnare vagine sulla faccia mia [ossia sulla testimonial della campagna per chiedere un divieto alla libertà di scelta delle nonne, ndr], abbiamo visto la ragazza sorda che è stata insultata [ma non perché era disabile, ma perché contraria i diritti delle donne, ndr]. Abbiamo visto che noi qualsiasi cosa diciamo anche con serenità [tipo accusando le donne di omicidio, nbdr] veniamo asfaltati. Questo diritto di critica cosa significa?
Toni Brandi: Anche gli innocenti, i neonati sui nostri manifesti [contro il diritto di scelta delle donne. ndr] sono stati imbrattati e insultati. Non so se c'è ancora la libertà di espressione in Italia. O forse c'è ma solo per chi ci insulta , chi ci attacca, chi odia, chi ci disprezza, chi non ci permette di parlare. Lo sai che hanno già chiesto la pena di morte per me, l'impiccagione per Massimo Gandolfini. Ti ricorderai Verona, il 31 marzo ci fu una marcia di circa 40.000, la grande stampa mentì come in genere fa dicendo che Forza Nuova era in prima fila al corteo. Èuna totale menzogna perché noi, con il nostro sistema di sicurezza li abbiamo fatti mandare via [anche se però il figlio di Roberto Fiore era sul palco insieme a Toni Brandi, ndr]. Abbiamo fatto 30 denunce che sono state archiviate. Quindi c'è libertà di espressione solo per chi odia, non c'è libertà di espressione in Italia.
Maria Rachele Ruiu: Una dittatura, si si. Quindi siamo in democrazia mi pare?
Toni Brandi: Se siamo in democrazia, io sono cinese. Siamo in dittatura, anzi in tirannia.
Maria Rachele Ruiu: E noi che facciamo, quindi?
Toni Brandi: Noi non molleremo, per forza. Perché la verità deve venire a galla. Anzi, vorrei mandare un messaggio ai nostri detrattori, a coloro che ci attaccano che ci odiano, come come i camion-vela attaccati fisicamente a Verona e ad Ancona, con l'autista che dovuto scappare. Noi non molleremo . Voi non ci fate paura. Non ci fermeremo mai.
A proposito, non è stupefacente come Provita Onlus non renda pubblico il post che hanno denunciato e eviti che si possa capire il motivo per cui è stata espressa quella critica?
L'attacco è a Giampietro Belotti, portato a processo dal presidente di Provita Onlus per un post pubblicato su Facebook nel 2015. Il 14 ottobre 2015 Belotti pubblicò sulla sua pagina Facebook un primo piano di Toni Brandi, 68 anni e residenza a Praga, con un un virgolettato preso da un’intervista in cui esortava a «bloccare l’educazione sessuale nelle scuole perché l’obiettivo è quello di arricchire le industrie della pornografia e della contraccezione e preparare carne fresca per i pedofili». Accanto, il commento: «Avete mai visto la faccia di uno che si fa le seghe sulle videocassette de L’albero della vita?».
Per l’imputato hanno testimoniato la giornalista Elena Tebano, che nel 2017 firmò sul Corriere della Sera un’inchiesta sui legami, mai smentiti, tra Provita Onlus e Forza Nuova, e l’ex deputata Pia Locatelli del Pd. Brandi si è fatto rappresentare dall'avvocato Gianfranco Amato, ossia l'organizzatore del "family day" che girava per gli oratori insieme a Povia a raccontare che i bambini fossero minacciati dal "gender".
I fatti risalgono al novembre scorso, ma pare che l'organizzazione intenda molestare un onesto cittadino che è stato assolto dalle accuse che Brandi continua ad imputargli. Evidentemente gli ha dato fastidio che Belotti abbia scelto di non pagare una multa e abbia preferito andare a processo per dimostrare l'infondatezza delle accuse. E dopo cinque anni di infamie, il cittadino di Praga continua a molestarlo. Ad oggi, non si ha notizia di una sola causa contro la libertà di espressione altrui, contro la libertà educativa e contro la libera manifestazione delle idee che sia stata vinta da Provita e dalle cause che intenta per mano di Gianfranco Amato.
Se sappiamo che il vittimismo piace molto ai fondamentalisti, fa sorridere il loro parlare di "dittatura" mentre sono libero di fare propaganda sui social, organizzare manifestazioni discutibili in cui invitare preti ortodossi che giustificano chi picchi ala moglie, apporre manifesti che offendono la dignità delle donne. E non solo, oltre a poter fare volantinaggio, apporre manifesti, presentare petizioni ed organizzarsi in associazioni, vengono pure ritenute una "onlus" che non paga tasse e che può intascarsi il 5x1000 o donazioni soggette a trattamenti fiscali agevolati.
Il signor Brandi potrebbe dirci dove vede questa dittatura della società? Davvero dicono che per usare quella parola basti un contestatore che imbratta un manifesto offensivo o manifesta perplessità su quei loro corsi di educazione sessuale biblica che invitavano i bambini a praticare sesso bareback? E dove sarebbero avvenute la fantomatiche "aggressioni fisiche" dato che ad oggi sono solo i gay ad essere picchiati a sangue mentre loro si oppongono alle leggi che punirebbero i responsabili.