Zaira Bartucca chiede all'AgCom e all'Ordine dei Giornalisti di censurare Gayburg
Zaira Bartucca è tornata a chiedere la censura di Gayburg. In una lettera indirizzata al Garante per la Privacy, all'Ordine dei Giornalisti, all'AgCom e all'ufficio legale di Google Italia, la signora dichiara Gayburg sarebbe stato da lei «querelato per diffamazione aggravata ed atti persecutori» in virtù di come ci abbia costretti a perdere tempo per replicare e sbugiardare tutte le bufale diffamatorie che ha scritto contro di noi.
A noi sembra del tutto normale che non si taccia davanti a chi si inventa nomi falsi, si inventa notizie false o arriva ad inventarsi patetiche accuse di pedofilia. Ancor più quando la "professionista" in oggetto si è rifiutata di pubblicare le nostre smentite e ci ha negato l'accesso al diritto di replica garantito dalla legge.
Rivolgendosi all'Ordine dei Giornalisti, ci accusa «di schedare ogni mia libera manifestazione del pensiero» e «quasi ogni articolo proveniente dal sito di cui sono responsabile». In altre parole, sembra non gli stia bene si possa esprimere un lecito dissenso a fronte si una signora che si presenta come una «giornalista» va in giro a dire che la pandemia sarebbe solo «presunta» o nel febbraio 2020 annunciava che Putin avesse una «cura» per il Coronavirus.
Ci accusa di «avanzare aspre critiche, offese gratuite, per intavolare discorsi violenti incentrati all'odio (hate speech) e discorsi sessisti di disprezzo verso chi scrive, con una noncuranza plateale verso l'articolo 21 della Costituzione e non solo».
Se il dissentire da chi fa allarmismi contro i vaccini non pare sessismo, a noi risulta che l'articolo 21 della Costituzione garantisce anche il diritto di dissentire da chi si lancia in asserzioni che rischiando idi minacciare la salute pubblica.
A Google chiede di escluderci dai suoi risultati perché lei dice che il nostro sito avrebbe «contenuti controversi». Incolpandoci per presunti post che lei stessa ammette siano stati scritti da altri, afferma che a lei non sta bene che qualcuno possa auspicare la sua radiazione a fronte delle ripetute e sgravi fake-news da lei firmate.
Dice anche di voler porre «all'attenzione degli organismi strettamente competenti la mia vicenda di giornalista cui è impedito l'esercizio della libertà d'espressione, che si vede vessata e perseguitata nell'esercizio del suoi diritti di critica e di cronaca e per domandare l'avvio di azioni concrete».
Insomma, oltre a lamentarsi che il Butac e Facta smentiscano le sue notizie, se ne esce dicendo che lei si sente «perseguitata» da chi deve sbugiardare le sue gravi accuse diffamatorie, i falsi nomi che lei ha diffuso tra i gruppi neofascisti e le sue infamanti illazioni.
Al Garante per la Privacy chiede l'avvio «di un'azione quotidiana di monitoraggio dei contenuti pubblicati da www.gayburg.com, che comprenda la lettura dei testi onde individuare discorsi d'odio o infamanti, in grado di ledere la reputazione e i diritti altrui».
Dall'alto del suo giovanetto co-diretto dall'ucraino che voleva far smettere di respirate i gay che non si nascondono, afferma che imprecisati «altri colleghi» sarebbero «oggetto di violente invettive quotidiane» e che noi avremmo «ridotto alcuni all'abbandono delle proprie pagine social pur di non subire ritorsioni nel momento in cui decidevano di esprimere la loro libera opinione su un dato argomento».
Lanciandosi in accuse gravissime, la signora che da anni ci perseguita con false accuse di pedofilia e con false notizie dice che le nostre azioni sarebbero «assimilabili al cyberbullismo».
All'AgCom chiede «il monitoraggio di Google Italia e di valutare la pubblicazione di dati che permettano ai comunicatori e ai cittadini di comprendere i criteri che l'azienda adotta per evidenziare determinati contenuti e penalizzarne altri».
In altre parole, la signora continua a lamentarsi che il suo sitarello non se lo caga nessuno e pretende che l'azienda le fornisca i suoi algoritmi. Inoltre chiede all'AgCom «la verifica dei requisiti di legge dei sito Gayburg, che non espone il numero di iscrizione al ROC». Insomma, la signora invoca una censura da Min.Cul.Pop.
All'Ordine dei Giornalisti chiede di «avviare tutte le azioni che riterrà opportune per la tutela di un'iscritta, e di verificare che l'autore/ gli autori del sito Gayburg abbiano tutti i requisiti previsti dall'ordinamento vigente per esercitare attività assimilabile a quella giornalistica».
Se la signora Bartucca risultava la promotrice di una petizione volta a chiedere l'abolizione dell'Odg, ora chiede che operi come una lobby per impedire l'esercizio della libertà di opinione. Afferma inoltre che sarebbe fatto divieto commentare o raccontare l'attualità a meno che non si sia una "giornalista" che firma articoli in cui racconta che il 5G serve ad ucciderci e che i vaccini facciano male.
Come un Azzeccagarbugli, la signora Bartucca si lancia anche nel sostenere che «Gayburg, in quanto sito proprietario di dominio autonomo con hosting Aruba, non è un blog ma un sito». Chiede inoltre all'Ordine dei Giornalisti di «esprimersi circa il concetto di "notizia", e circa i criteri permettono di definire "notizia" un contenuto».
A sostegno di quella tesi, è diffamandoci ancora una volta che la signora afferma: «Si domanda, in altre parole, se un testo impostato per mezzo di discorsi d'odio che incitano alla violenza verso un determinato soggetto, infarcito di post social e di critiche feroci, che non tiene conto dei principi di continenza e contingenza, possa essere definito "notizia" e messo a disposizione di milioni di lettori attraverso gli aggregatori di notizie».
Curiosamente non chiede all'Ordine di indagare sulle fotografie di minorenni che lei ha trafugato per inventarsi accuse si violenze sessuali. Non chiede una verifica sulla lecità della nostra smentita alle sue fake-news e nemmeno chiede se sia lecito definire "notizia" quella roba che lei pubblica sul suo sitarello.
La lettera si chiude chiedendo a Google Italia di fornirgli «i recapiti fisici e legali di Google Ireland, onde permettere l'esercizio di eventuali azioni di tutela». Chiede inoltre l'avvio di non specificate «azioni di cooperazione con gli organismi preposti, al fine di individuare situazioni di criticità e di porvi rimedio, nell'interesse dei comunicatori, dei giornalisti e dei liberi cittadini che sono vittime di azioni di cyberbullismo».
Ma la cyberbulla Bartucca quando la smetterà di molestarci e di diffamarci attraverso quelle accuse infondate, gravi e inaccettabili che si diverte a gettarci addosso? Se l'AgcCon vuole leggerci quotidianamente, ben venga! Chissà che non possa scoprire cosa scrive al signorina e non possa decidere si prendere provvedimenti a difesa dagli italiani.
Non osiamo poi pensare a cosa farà o dirà quando scoprirà che i contenuti di Gayburg non sono indicizzato solo su Google News, ma anche su Bing News, su Quant News e sull'area news di Duck Duck Go. Minaccerà di denunciare tutti perché lei non tollera il dissenso alle sue teorie complottistiche? E dirà di voler denunciare anche Putin quando scoprirà che persino il motore di ricerca russo Yandex ci offra maggior visibilità rispetto al suo sitarello?
E visto che la situazione è ormi comica, vogliamo parlare di come la signora che chiede la nostra censura pubblichi una pagina di risposte a presunte "domande frequenti" in cui al punto 14 sentenzia che «il GDPR dell’Ue sembra sia diventato lo strumento dietro cui si schermano i censori del web» in virtù di come lei accusi i cittadini di voler «far rimuovere contenuti scomodi» con «la scusa di preservare la Privacy di qualcuno»? E vogliamo parlare di come giochi a fare l'Azzeccagarbugli asserendo che lei se ne frega perché lei ha deciso che «l'attività giornalistica in Italia è normata principalmente dall’Articolo 21 della Costituzione sulla libertà di Stampa e di espressione, e non può essere sottoposta ad autorizzazioni e a censure».
Oppure al punto 10 risponde alla domanda "Ho letto da qualche parte che non siete affidabili e che scrivete Fake news" linkando ad un articolo diffamatorio scritto contro Gayburg e sostenendo che il suo sitarello sarebbe «oggetto di campagne denigratorie». Se non serve uno scienziato per capire che se la signora pubblica dei nomi e quei nomi sono falsi, quella è oggettivamente una fake-news, la Bartucca afferma che che noi e il Butac sarebbero siti che «difendono i propri committenti e finanziatori». Ed anche qui sarebbe molto interessate sapere chi sarebbero questi fantomatici committenti e finanziatori che lei si è inventata di sana pianta.