Adinolfi continua a molestare Malika, ma omette le paroli che lo smentiscono


Mario Adinolfi risulta impegnato da anni nel patetico tentativo di negare l'esistenza dell’omofobia, proponendosi come quello che organizza blasfemi rosari contro di loro mentre giura non esisterebbe alcuna discriminazione. Ed è così che non esiste un solo mediatico che non l'abbia visto simpatizzare con i violenti e schierarsi contro la vittima. L'ha fatto anche contro Malika, la 22 enne cacciata di casa perché lesbica.

Il primo atto lo ha visto prendere il volto della vittima per schiaffarlo sui suoi manifesti elettorali, andando su Radio 24 a proporsi come l'omofobo che non si fa impietosire dalle vittime di discriminazioni. In quella sede dichiarò che lui non vede alcuna omofobia dinnanzi ad una famiglia che caccia la figlia perché lesbica visto che lui dice che il problema è che quella famiglia non fosse cattolica romana come la sua.
Buttandola sull'odio religioso, ha così avvalorato e sostenuto la teoria lanciata da CasaPound sulla base delle insinuazioni che Marina Terragni aveva fatto guardando una fotografia trovata su Facebook.

Oggi è tornato all'attacco. Nonostante gli audio paiano inequivocabili, esistano documenti che mostrano una richiesta di disconoscimento della figlia, la residenza sia stata rimossa all'indomani del fatti e il fratello abbia ribadito sui giornali che la sua famiglia provava disgusto per l'orientamento sessuale della ragazza, scrive:



Insomma, Malika sarebbe una truffatrice, una cattivona, una approfittatrice. Assicura anche che la prove famiglia sarebbe vittima di odio, un po' come quando da Cruciani prese le difese del padre transfobico canadese che ha reso vittima di violenze la figlia (e che lui definisce "eroe" assicurando che lui farà lo stesso con le sue stesse figlie se oseranno avere un'identità di genere diversa da quella che lui esige abbiano).
Ovviamente Adinolfi ha riportato solo quanto gli faceva comodo, dato che nella stessa intervista il fratello ha negato di essere di religione islamica. Ma quello Adinolfi non lo dice, o cadrebbe il suo pretesto per usare la ragazza come strumento di incitamento all'odio religioso.

Lanciando il sasso e nascondendo la mano, Adinoli insulta come sua abitudine chi trova squallido il suo sciacallaggio della vicenda:



E se lui nega di aver fatto qualcosa, i suoi seguaci mostrano di aver capito perfettamente la tesi che il loro leader gli ha proposto, facendo a gara nell'insultare e nel bullizzare Malika:






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