Il partito di Mario Adinolfi annuncia di voler denunciare le opinioni e perseguire dissente da loro


Quelli per cui i reati d'odio sarebbero "libertà di espressione" paiono gradire ben poco il diritto di critica garantito dalla nostra Costituzione. Ed è così che il partito di Mario Adinolfi è tornato a minacciarci di denunce penali perché non hanno gradito la nostra critica ai loro elogi alla preside che nega l'uso del bagno ad uno studente trans.
Se noi abbiamo semplicemente riportato in modo integrale le loro parole, è con toni intimidatori che il loro Massimiliano Esposito inizia a idre che lui conoscerebbe tanti avvocati. Buon per lui, perché vedremo se saranno così tanto suoi amici da tentare di sostenere sia fatto divieto reprimere un dissenso da un comunicato stampa a sostegno della discriminazione di un ragazzino. Fatto sta che lui scrive:



Non è chiaro come possa dire che non ci sarebbe «una sola parola contro nessuno» quando l'intero discorso è incentrato sul suo apostrofare al femminile un adolescente trans e sull'elogiare la presiede che non lo lascia andare in bagno. E parrebbe esserci anche un po' di malafede nelle sue proteste, dato che proprio sotto al suo comunicato il signor Esposito concordava con un suo seguace sul fatto quelle parole avrebbero sicuramente offeso qualcuno:



Neppure si capisce perché dica di sentirsi minacciato nella sua libertà di poter scrivere quel che vuole, quando è lui ad arrabbiarsi perché qualcuno esprime lecite critiche verso le sue tesi.

A quel punto arriva l'adinolfiniana che vuole strappare i figli ai genitori gay per consegnarli ad estranei selezionati sulla base della loro eterosessualità. Incline a insultare tutti, la signorina Reho si lancia nell'accusarci sommariamente di reati penali come la "diffamazione" e sostiene persino che noi l'avremmo "insultata":



Tralasciando quei suoi soliti insulti che la signorina ama rivolgerci in maniera ripetitiva, dalla descrizione fornita possiamo umaginare che parlasse di questo post (anche se il suo sostenere che in quel testo ci fossero "insulti" pare un'asserzione diffamatoria passibile di querela). E chi dice che non si possano valutare post scritti due anni fa da una esponente di un partito politico, dato che un elettore ha il diritto di sapere che quella persona sostiene che la donna debba essere valutata sulla base della sua «fertilità» o che il maschio che ha troppo rispetto delle donne sarebbe «femminile e debole»? Non è certo colpa nostra se lei ha pubblicato questa roba qui:



A quel punto dicono di voler chiedere all'avvocatessa Carlotta Toschi di querelare le opinioni, presumibilmente riferendosi a questa signora:



Vuole essere un'itimidazione alla nostra libertà di pensiero e di critica?
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