Nicola Porro pare confondere la libertà con il menefreghismo
A Nicola Porro non piace l'antifascismo e, in occasione della festa della liberazione, accusa di fascismo chi non sposa la tesi fascista per cui la tutela della salute pubblica sarebbe «dittatura» verso chi vuole andare in giro a far finire in terapia intensiva gli altri. Con i suoi soliti toni polemici tipici di chi vuole fomentare rabbia sociale, scrive:
Nell'articoletto, a firma del populista Ocone, si parte con il prendere in giro i partigiani:
E non far chiarezza sul proprio passato, su quel che si si era giusto un attimo prima, non è mai qualcosa di positivo: il “rimosso” riaffiorerà quando meno te lo aspetti e ti chiederà il conto, dice la psicoanalisi. Intanto, quei pochi giovani – un po’ “giovani” appunto, e quindi immaturi e idealisti, e un po’ “manipolati” – che avevano combattuto sulle montagne, e soprattutto dalla parte dei “rossi”, non si ritrovarono la “rossa primavera” ma un rassicurante e prosaico (proprio come è la democrazia) regime democristiano. Alla sua ombra maturarono le libertà vere, quelle liberali, e anche un vitale boom economico. Ma quei giovani, che ormai non erano più tali, non si persero d'animo: anche se le scarpe rotte erano divenuti comodi mocassini borghesi o anche pantofole da salotti ben riscaldati ove il vento e la bufera né più fischiavano né più soffiavano, al sogno della “rossa primavera” essi non rinunciarono presto.
Inizia così a dire che il padano che si appella al "buonsenso" di Salvini deve condannare la libertà responsabile:
In verità, più che un sogno sarebbe stato un incubo, come era evidente ormai a un po’ a tutte le persone di buon senso. Ma il buon senso, al contrario di quel che pensava Cartesio, è la cosa meno ben distribuita al mondo. E si sa anche che le strade dell'inferno sono lastricate di buone intenzioni; e che se poi qualcuno le vuole imporre, proprio perché “buone”, anche agli altri e ai “cattivi”, si finisce sempre per essere intolleranti, e cioè fascisti, specularmente: fascisti col segno cambiato, ma sempre tali.
Sempre insultando chiunque non la pensa come le destre, arriva a scrivere:
Mentre a noi che ragionavamo sempre più ci sembrava che la vera liberazione d'Italia era da collocarsi un po’ più tardi, in quel 18 aprile del ‘48, quando il buon De Gasperi sconfisse nelle urne i rossi dopo che era tornato con un po’ di soldini dall'America in un'Italia ridotta alla fame (anch'egli con le scarpe rotte e con il cappotto buono preso in prestito dal conte Casati).
Poi passarono tanti anni, sempre a festeggiare e sempre con le bandiere rosse nelle piazze d'Italia. E, con in prima fila l'Associazione dei partigiani anche se i partigiani erano già tutti morti da un pezzo. E poi arrivò il 2020, l'anno del virus importato dalla Cina capital-comunista.
Se è folle voler sostenere un nesso tra la caduta del nazifascismo è il Covid-19, è citando la propaganda di Steve Bannon che Ocone scrive:
Gli italiani impauriti potevano essere finalmente plasmati (è scritto nero su bianco in un libro poi ritirato dal commercio) per creare il “mondo nuovo” tanto sognato e agognato. Il “laboratorio sociale” di orwelliana memoria, ovvero tutto il contrario dell'ordine spontaneo liberale. E pazienza se il rosso si era nel frattempo scolorito e si era fatto verde e digitale: il progetto e la mentalità “costruttivistica”, avrebbe detto il buon Hayek, rimanevano gli stessi. La stessa.
In altre parole, lui dice che "libertà" è irresponsabilità civile, con il menefreghista che deve poter infettare e uccidere gli altri se vuole andarsene a prostitute o partecipare ad orgie.
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