Adinolfi torna a bullizzare l'identità delle persone trans, dicendo che vivano in un «oceano di minchiate»


Mario Adinolfi continua ad atteggiarsi come il prepotente che va in televisione ad insegnare ai bambini come si fa a fare bullismo. Ci mostra come lui slega attentamente ogni singolo termine, cercando i essere il più offensivo gli sia possibile. Irride anche l'identità di altre persone e, soprattutto, si propone sistematicamente come il metro di giudizio con cui elargire insulti a chiunque non risulti espressione delle sue voglie e dei suoi pruriti sessuali.
Oggi si vanta di essere andato in televisione a dire che lui ha deciso che "genere" e "sesso" debbano essere ritenuti sinonimi in virtù di come lui non accetta che qualcuno possa non rientrare nelle sue semplificazioni. Non sappiamo se ci creda davvero o se semplicemente colagli solo cercare consensi tra quegli analfabeti funzionali che, per loro definizione, manifestano una totale incapacità a comprendere tutto ciò che non sia espressione del loro vissuto.

Evidentemente pensando che il suo esigere mogli sottomesse lo legittimi a trattare con violenza tutte le donne, dice di aver sbraitato in faccia a Luxuria che lui pretendeva si prestasse al suo irridere i generi proposti da Facebook ripetendoli a memoria. Non si sa con che diritto l'abbia chiesto, ma sappiamo che si è affrettato a sostenere che si è auto-attribuito la ragione sulla base di fatti che esistono solo nella sua mente integralista:



Inaccettabile è la violenza con cui lui definisca «minchiata» l'identità di chi è già vittima della sua quotidiana propaganda di istigazione all'odio, mostrandoci ancora una volta l'inattaccabile violenza della sua lobby anticristiana. Gli suggeriremmo di vergognarsi, ma dubitiamo che ne sia capace.
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