I gesuiti sostengono il dl Zan e sbugiardano chi parla di limitazione alla libertà di espressione
I gesuiti non hanno dubbio: è falsa testimonianza quella di chi dice di vedere limiti alla libertà di espressione del ddl Zan, sottolineando la necessità di approvare al più presto quella norma.
Attraverso la loro rivista “Aggiornamenti Sociali“, padre Giacomo Costa si dice convinto dell’importanza del testo:
Il rispetto della realtà esige che si eviti ogni confusione o ambiguità sul fatto che il ddl ha per oggetto la discriminazione e non la disciplina del matrimonio e delle convivenze, dell’adozione, dell’affido o dell’accesso alla procreazione medicalmente assistita, che non sono materia del Codice penale.
Insomma, non cambia la loro aggressione alle famiglie gay ma almeno riconoscono che Platinette sta dicendo bugie quando invece contro di esse appellandosi al ddl Zan. Poi, parlando degli effetti della Legge Reale Mancino che il ddl Zan estenderebbe solo parzialmente, spiegano:
Vista l’abbondanza delle manifestazioni di razzismo che nello stesso periodo sono circolate nella nostra cultura, nei nostri media e nella nostra politica, non è realistico prospettare che quella norma possa rappresentare un bavaglio per la società italiana.
I gesuiti criticano anche alcuni termini con cui vari gruppi sedicenti religiosi usano contro i gay, espugnando che "finiscono per assumere tonalità che suonano dispregiative, in particolare per chi già subisce discriminazioni" e "costituisce oggi un ostacolo che impedisce a molte persone, in particolare ai giovani, di accedere alla ricchezza e alla bellezza dell’antropologia cristiana, anche per quanto riguarda la sessualità".
Riguardo al testo, spiegano:
È bene ricordare che da sola nessuna legge basta a risolvere i problemi, men che meno in un caso come questo. La sua assenza certo rappresenta un ostacolo, ma, come insegnano le femministe, la battaglia è innanzi tutto culturale e va condotta ogni giorno, per aumentare la consapevolezza e disinnescare progressivamente quei meccanismi di discriminazione che segnano la cultura di cui tutti siamo portatori.
A prescindere dalla bontà delle intenzioni, siamo una società razzista, maschilista e omofoba. Si apre qui la possibilità di utilizzare il lavoro sul fronte educativo, che il ddl Zan prospetta, non nella chiave della colonizzazione ideologica, come taluni temono, ma in quella della decostruzione di stereotipi e pregiudizi a tutela della dignità e a servizio della libertà di tutti.
Una buona legge è certamente un valido punto di partenza, ma vincere la sfida richiede che tutte le componenti della società scelgano di uscire dalle trincee ideologiche e si incontrino portando ciascuna il proprio contributo, come occasione per coltivare la fraternità e l’amicizia sociale.
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