Jacopo Coghe sostiene che le persone trans dovrebbero chiedergli il permesso di esistere

Quando Pillon, CasaPound, Malan o Provita Onlus parlano genericamente delle «femministe», si finisce sempre con lo scoprire che stanno parlando di Marina Terragni. Il loro giochino ideologico si fonda sull'attribuire una falso pluralismo alle opinioni di singoli soggetti, un po' come quando Gabdolfini firmava i suoi proclami a nome di svariate associazioni di cui lui era il presidente.

È dunque Marina Terragni quella che viene citata da Jacopo Coghe mentre sul suo canale Telegram si lanci nel sostenere che il ddl Zan non vada bene perché il 66% degli italiani non vuole che si possa accettare l'identità di genere delle persone:

Il riferimento al ddl Zan pone il primo problema. Se Jacopo Coghe non vuole accettare un dato di fatto naturale riguardante l'identità di genere di alcune persone, in che modo ciò dovrebbe legittimare il suo sostenere che si dovrebbe impedire il contrasto ai crimini d'odio che colpiscono quelle persone proprio per la loro identità di genere?
Il secondo problema nasce dalla sua pretesa volta a sostenere che alcune persone dovrebbero chiedergli il permesso di esistere. E sinceramente a nessuno dovrebbe fregare nulla se lui o altre persone non vogliono sia concessa dignità ad interi gruppi sociali, perché prima di loro ci sono principi costituzionali che tutelano il diritto all'esistenza. E lo tutelano indipendentemente dalle statistiche di chi dice che il ruolo sociale dipenda dai genitali o che non si debba accettare l'autodeterminazione dei singoli perché a loro sta bene dividere il mondo sulla base del sesso biologico.

Il sondaggio proposto dalla Terragni pare poi molto superficiale, proponendo tutti gli slogan dei fondamentalisti di estrema destra contro la partecipazione delle donne trans alle attività sportine o contro il blocco della pubertà degli adolescenti. Si tratta di temi su cui regna una totale ignoranza, portando il suo campione ad esprimere semplicemente una rilevazione dei pregiudizi.
Quindi dicono che se si parla di educare al rispetto nelle scuole si dovrebbe dare voce al genitore omofobo che si oppone, ma se il genitore non è omofobo e scegliere di non torturare dei figli transessuali, dicono che in quel caso va imposto il volere di Jacopo Coghe al minore. Tanto poi sarà il minore a dover subire le conseguenze delle sue scelte e a dover patire sul proprio corpo i suoi pregiudizi.

La Terragni sostiene anche che l'identità sarebbe «al centro del ddl Zan». Peccato che, nella realtà, quello sia il tema a cui lei si oppone e a cui l'estrema destra si appella per mettere a frutto i pregiudizi. Il termine è infatti già previsto dalle norme italiane dal 2014, quando fu recepita la irettiva 2011/95/UE riguardo alle ingiuste persecuzioni. Ed è stato usato nella sentenza n. 221 del 2015 della Corte costituzionale in cui si sancisce che il «diritto all’identità di genere» è «elemento costitutivo del diritto all’identità personale, rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona».
Quindi il ddl Zan non si inventa nulla, tutela dei gruppi che la Corte Costituzionale invita a tutelare come diritto fondamentale. Ma la terragni preferisce sostenere che il genere sparirà se si accetterà di tollerare le donne transessuali, forse sentendosi poco sicura della sua identità se davvero pensa che basterebbe abolire la violenza tutti vorrebbero poter cambiare sesso:


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