Sara Reho: «I giocattoli gender fluid sono una violenza psicologica e condizionano il pensiero dei bimbi»


Sara Reho, in qualità di esponente del partito omofobo di Mario Adinolfi, ha roccambolescamente tentato di difendere le parole di Pillon contro le donne e il suo sostenere che «le femmine sono naturalmente predisposte all'accudimento». Come sua abitudine, ha ricondotto la questione alla sua esperienza personale, sostenendo che quello che va bene a lei debba essere imposto agli altri.
Il porsi come metro di giudizio per condannare gli altri non pare casuale, dato che quello è uno dei primi segnali dell'analfabetismo funzionale. E forse il suo partito punta proprio ad incoraggiare quella disfunzione del pensiero che rende i più ignoranti incapaci di comprendere qualunque cosa non sia espressione del loro vissuto, sapendo bene che è su quell'incapacità di comprensione che si fonda il business della loro piccola realtà politica.

Ricorrendo ad un populismo di bassissima lega, la signorina scrive:



A meni che la signorina Reho non sia l'unica persona al mondo a ricordare i suoi primi anni di vita, è certa che i suoi genitori non l'abbiano fatta giocare con giocattoli che hanno poi orientato le sue scelte? E se anche fosse, perché il fatto che lei volesse giocare con le bambole dovrebbe impedire ad altre bambine di poter giocare con le macchinine?
Pare infatti grave e presuntuosa la sua ultima frase, dove la signorina si arroga il diritto si stabilire ch ei genitori non possono decidere l'educazione dei loro figli perché lei sostiene che i giocattoli che non condizionano ruoli sociali sarebbero «una violenza psicologica nei confronti dei bambini e serve solo per condizionare il pensiero dei bimbi».
Ne deduciamo, quindi, che lei dica che i giocattoli condizionerebbero i bambini ma che lei non sia stata condizionata dai giocattoli in quanto giura che lei avrebbe scelto liberamente di voler giocare con quello che la società si aspettava da lei.
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