De Carli continua a diffamarci
Le reiterate e violente accuse diffamatorie di Mirko De Carli hanno anche un po' rotto. Se si sa che quelli per cui i reati d'odio sarebbero "libertà di espressione" sono soliti schiumare di rabbia quando qualcuno osa dissentire dal loro pensiero unico, il signorino dovrebbe spiegarci quale diamine di "attacco" veda in una risposta alle sue continue provocazioni e quale fantomatico "dileggio" avremmo riservata a quella sua amica (ed esponente del partito di Adinolfi) che si diverte ad invitare a parlare al maschile delle donne trans con l'unico obiettivo di offenderle e di negare il loro diritto all'esistenza.
Fa sorridere che ci accusi per una decisione assunta da Facebook dinanzi al suo parlare di "rotto-in-culo" e di "finocchi" senza manco precisare che si trattasse di una presunta citazione (comunque decontestualizzata). E pare violento il suo sostenere che se a lui non stanno bene le regole dei social, lui riscriverà sempre gli stessi insulti quasi sperasse di essere nuovamente sospeso per poter fare nuovo vittimismo:
Se il film parla di una malati di HIV e non di gay, De Carli pare voler accomunare le due cose quasi fosse rimasto agli anni Settanta. E sinceramente non capiamo perché venga a romperci le scatole nel suo continuare a tirarci in ballo nelle sue polemiche su quanto lui si senta discriminato perché non può discriminare.
Tra i commenti, i suoi seguaci vomitano insulti di rilevanza penale:
Se non è commentabile chi dice che sarebbe per effetto del ddl Zan che Facebook non tollera insulti omofobi, arriva una adinolfiniana che giura che nelle scuole si sia "introdotto il gender" e che lei si sia dovuta rivolgere alle organizzazioni omofobe di estrema destra:
Insomma, si sono costruiti un mondo e si crogiolano in esso.