Vittima degli insulti di Mario Adinolfi, Lorenzo Tosa si rivolge all'avvocato. Lui gli aizza contro i suoi proseliti: «Mi vuol rapinare col passamontagna da pagliaccio»
In quella sua retorica in cui Mario Adinolfi parte sempre dal presupposto che lui avrebbe ragione a prescindere, il fondamentalista si è messo a piagnucolare che una vittima della sua diffamazione si sia rivolta ad un avvocato.
Senza fornire dettagli che possano rendere verificabile le sue teorie, accusa un imprecisato "influencer" di essere autore di post "insultanti la mia persona" che lui dice sarebbero il motivo per cui la gente lo contesta. La sua teoria, infatti, è che sarebbe sempre colpa degli, come ha dimostrato anche ieri mentre sosteneva che Enrico Mentana fosse "colpevole" di chiunque avesse osato dirsi disgustato dai suoi insulti alla Egonu.
Inizia così a dire che lui non si sente in colpa per aver scritto parole diffamatorie come "infame" che, secondo l'ordinamento giuridico, è reato. Ed è così che inizia ad inventarsi anche accuse di "estorsione" e di "intimidazione" quasi sperasse di ottenere visibilità complicando la sua posizione penale:
Ed immancabile arriva la sua sara Reho, la quale dichiara che "tutti" sarebbero dalla parte di chi diffama. Fioccano accuse di "incitamento all'odio" e il diritto costituzionale di potersi rivolgere ad un avvocato diventa un "reato" contro il proprietario di un partitino nato sull'omofobia:
Ovviamente Adinolfi non cita che nella lettera dell'avvocato si nota come i suoi insulti abbiano ottenuto 2.200 commenti e più di 963 condivisioni di affermazioni che il querelante ritiene «attacchi falsi, offensivi e gratuiti».
In bara alle leggi sulla privacy dato che probabilmente dirà che lui non si fa "intimorire" dalle leggi che vietano di pubblicare nomi e cognomi di privati cittadini, Adinolfi cerca di far sapere ai suoi haters chi sia la vittima da colpire: dai suoi screenshot emerge il nome di Lorenzo Tosa, direttore di Next Quotidiano.
Quindi, a quanto di apprende, il signor mario Adinolfi dichiara sotto la sua responsabilità penale che il direttore del prestigioso sito di informazione sarebbe un estorsore? E quindi i fantomatici "insulti" sarebbero queste semplici constatazioni?
Se così fosse, significherebbe che Adinolfi di dichiara insultato dalla verità, minacciando insulti e diffamazione contro chiunque osi contestare le sue fantasie discriminatorie e le sue rivisitazioni della realtà. E così parrebbe essere, dato che Adinolfi risulta ancor più esplicito nella sua diffamazione aggravata su Twitter:
È curioso che Adinolfi si proclami vittime di reati penali che però non ha mai fatto appurare ai giudici, di fatto impedendo che li si possa ritenere tali. Ed è surreale vedere con quale ferocia voglia perseverare nei suoi insulti, accusando un avvocato di "rapina" mentre bolla come "pagliaccio" il suo assistito. Anche perché le date indicate da Adinolfi coincidono con i post che abbiamo riportato, dove vedere "diffamazione" in un dato di fatto pare ridicolo persino per lui.
In calce ci poniamo anche un'ultima domanda. Se Adinolfi giura che lui non avrebbe mai querelato nessuno, a rappresentare falsa testimonianza è questa affermazione o quelle che in varie occasioni lo hanno visto assicurare che lui avesse sporto querela. Ad esempio, basta una semplice ricerca su Twitter per incappare in messaggi come:
Allora, mentiva ieri o mente oggi? Perché le sue affermazioni sono in contraddizione tra di loro ed è matematicamente impossibile possano essere vere entrambe.
Inutile a dirsi, nonostante le molteplici richieste avanzate dagli utenti dei social, Adinolfi non ha voluto rendere note quelle "cinque righe" che lui sostiene dovrebbero essere ritenute prive di offese perché lo dice lui. A parer suo, i processi andrebbero dunque fatti omettendo le prove e sentenziando cosa dovrebbe pensare la gente sulla base del suono di un'unica campana. Ovviamente la sua.