Un ragazzo afgano è stato sfregiato con acqua bollente dai talebani perché sospettato di essere gay


«Immagina di avere grandi speranze per la tua vita, hai tutto, e poi un giorno ti svegli e tutto è perso». È quanto racconta Sohil, un giovane gay afghano. La sua vita era piena di speranze, ma poi i talebani hanno iniziato a dargli la caccia: «Ho perso la mia università, ho perso la mia vita, ho perso la mia comunità. Anche i ragazzi con cui ero in contatto, vivono tutti nell’ombra. Si nascondono tutti».
I talebani lo hanno anche scoperto mentre cercava di fuggire e lo hanno torturato. Lo hanno gravemente ustionato con acqua bollente perché gay: «Vivo come un prigioniero. Vivevo a casa mia con la mia famiglia. Dopo che i talebani mi hanno attaccato, non ho più potuto stare in casa mia perché avrebbero riconosciuto la mia faccia, sapevano chi sono. Adesso vivo in un’altra casa. La mia famiglia non sa della mia omosessualità. Se glielo dico, perderò anche il loro sostegno».
Quel giorno di era recato in un ufficio del governo locale per tentare di ottenere un passaporto e una copia del suo certificato di nascita: «Improvvisamente qualcuno mi ha afferrato la mano -ricorda- Indossavo una mascherina perché non volevo che nessuno vedesse la mia faccia. Il mio cuore batteva forte. Ho visto che c’era un tizio che aveva una pistola. Mi ha chiesto: "Cosa ci fai qui?". Ho detto: "Sono venuto per il mio certificato di nascita". Ha replicato: "Perché indossi quella maglietta? Indossi abiti occidentali". Ho detto: "Sono solo vestiti normali, tutti li indossano". Sapevo che non si trattava dei miei vestiti. So che in qualche modo aveva identificato che non fossi eterosessuale. Mi ha portato nel suo ufficio e mi ha chiesto di nuovo: “Perché indossi questo e perché sei qui?”. Ho risposto di nuovo: “Sono venuto per la mia carta d’identità e il mio certificato di nascita”. “Stai mentendo”, ha urlato. “Mi ha schiaffeggiato in faccia e sono caduto a terra. Altri due soldati mi hanno picchiato. Ha chiesto di nuovo: “Chi sei?”. Non ho confessato di essere un attivisti LGBT. Poi mi ha picchiato di nuovo e mi ha preso a calci nello stomaco».
A quel punto il talebano ha preso una teiera piena di acqua bollente e l'ha gettata addosso a Sohil, sfregiandolo. Ora è terrorizzato per il futuro e desidera disperatamente lasciare l’Afghanistan.
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