Preti e suore contro l'omofobia clericale: «Le parole gelide della Chiesa allontanano i credenti omosessuali e trans»
La messa di ringraziamento per la mancata approvazione del disegno di legge Zan organizzata dal parroco di San Zenone degli Ezzelini, in provincia di Treviso, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Diciassette tra sacerdoti, suore e laici hanno scritto una lettera ad Avvenire prendendo una posizione critica rispetto alla chiusura nei confronti del mondo lgbt da parte della Chiesa.
«La nostra presa di posizione non riguarda in modo specifico la messa di San Zenone, ma è una riflessione da parte di sacerdoti, religiose e laici impegnati in una pastorale di accoglienza, comprensiva, che accompagna questi cristiani», dichiara don Giorgio Riccoboni, parroco del Duomo di Treviso. E con lui, tra i firmatari ci sono anche don Nandino Capovilla, padre Giovanni Belloni del Pime, padre Giorgio Ghezzi di Modugno e don Antonino Zito.
I sacerdoti scrivono: «Camminiamo accanto a persone omosessuali, transessuali e a molti loro genitori. Sono credenti che testimoniano la fede anche in ambienti laici del mondo Lgbt+. In loro vediamo una fede genuina, coraggiosa, impegnata. Forte è il desiderio di comunione ecclesiale, nonostante esclusioni e giudizi sprezzanti». «Con dispiacere vediamo altri allontanarsi, profondamente feriti da dichiarazioni e parole troppo gelide della nostra Chiesa. Per dire il Vangelo non può esserci il bisogno di parole che feriscono la dignità».
Riguardo al ddl Zan, aggiungono: «Conosciamo i dubbi della Cei sul ddl Zan, che poteva essere un dispositivo a protezione di molti concittadini, compresi quelli dalle diverse abilità, ma ci stanno a cuore le persone, con le quali cerchiamo strade di fedeltà al Vangelo, e il Paese tutto. Come cittadini, questa vicenda ci addolora e ci indigna. Abbiamo perso tutti. E il Paese resta incapace di sanzionare violenze e discriminazioni senza pregiudizi. Altre ferite resteranno impunite sulla pelle delle persone per una ‘conta’ politica irresponsabile e lontana dal Paese. Come comunità cristiana non ci accada di scivolare nell’abbraccio mortale di qualche forza partitica. Invece, anche nella comunità cristiana parole di approvazione per l’esito della vicenda hanno di nuovo ferito la dignità di tanti, di tutti, perché un Paese più civile è per tutti».
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