Fratelli d'Italia è surreale: «Il contrasto alle discriminazioni è imposizione del ddl Zan»


L'organo ufficiale di Fratelli d'Italia continua a tentare di spaventare gli elettori di estrema destra parlando di quel fantomatico «gender» che la loro Giorgia Meloni continua a citare istericamente, pur ammettendo candidamente di non sapere che cosa sia.
In particolare, la loro Eleonora Guerra si fa portatrice della curiosa teoria per cui il fatto che il loro Simone Pillon sia riuscito ad impedire la discussione del ddl Zan dovrebbe impedire il rispetto dei dei diritti della comunità lgbt:



Nel suo articolo, la signora Eleonora Guerra scrive:

Dai Comuni alle scuole, la propaganda gender se ne infischia della bocciatura in Parlamento del ddl Zan e trova forma surrettizie per affermarsi. Si tratta di iniziative che possono apparire più o meno isolate, ma che poi delineano un quadro ben preciso, come in quel gioco di enigmistica in cui bisogna collegare i puntini per ricostruire il disegno.

E già qui siamo messi male, dato che la signora ha deciso di inventarsi che il ddl Zan sarebbe stato «bocciato» quando non è vero. E non va meglio con il suo collegare le fantomatiche teorie "gender" ideate da quel loro prete che è stato accusato di molestare sessualmente i novizi con un ddl che riguardava il contrasto ai crimini d'odio e alla prevenzione dell'istigazione alla discriminazione.

Eppure la signora non si preoccupa dei fatti, preferendo dire che a Maurizio Belpietro e a Il Giornale non piace che un ente possa contrastare la discriminazione:

Due esempi si rintracciano oggi nelle cronache, dove è Il Giornale ad alzare il velo sui Comuni Re.a.dy, ovvero aderenti alla Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere, e La Verità a riferire il caso di un’assemblea d’istituto a Chiavari che ha tutto l’aspetto di una applicazione dell’articolo 7 della legge Zan, quello che portava l’ideologia gender direttamente nelle scuole.
Si dirà: iniziative dal basso, che dimostrano che «il Paese lo vuole». In realtà, come in tutta la vicenda del ddl Zan, anche qui sembra proprio che a volerlo siano solo alcuni, incuranti dell’opinione e delle proteste degli altri.

Scopriamo così che la maggioranza sarebbe Pillon e non i cittadini che volevano il ddl Zan, come confermato da tutti i sondaggi.

Inizia così a dire che alle destre non va bene possa esistere una rete nazionale contro le discriminazioni, perché alle destre quella discriminazione piace ed Eleonora Guerra cui fa pure dei soldi inveendo contro chi non tutela i fascisti che discriminano i bambini gay:

Per i Comuni Re.a.dy, Il Giornale ricorda il caso di Cesena, dove si sono create accese polemiche, con la Diocesi in prima fila a denunciare il «fatto grave verificatosi nella città, passato sotto silenzio, le cui conseguenze sono attuali e lo saranno anche in futuro». Quali siano le premesse della rete, che va alla grande fra le amministrazioni di centrosinistra, lo si evince dalle circostanze in cui è nata: nel 2006, «nell’ambito del Pride nazionale». L’obiettivo è creare «uno spazio di condivisione e interscambio di buone prassi finalizzate alla tutela dei Diritti Umani delle persone Lgbt e alla promozione di una cultura sociale del rispetto e della valorizzazione delle differenze».
Insomma, una formula buona per parlare di progetto contro le discriminazioni, ma che, come il ddl Zan, nelle pieghe nasconde gli spazi per l’indottrinamento e altre forme di esclusione. Fra le ipotesi di intervento, infatti, si annoverano «azioni di informazione e sensibilizzazione pubblica rivolta a tutta la popolazione», «azioni informative e formative rivolte al personale dipendente degli Enti partecipanti» e «azioni informative e formative rivolte al personale impegnato in campo educativo, scolastico, socio-assistenziale e sanitario». «Lecito chiedersi se con la formula “tutta la popolazione” si intendono anche i bambini», scrive Il Giornale, facendo riferimento anche alle «azioni informative e formative» rivolte al mondo della scuola.

Si inizia così a dire che Fratelli d'Italia non vuole che si possa parlare di identità di genere, che però il loro prete molestatore giurava non fosse quel "gender" che loro citano sempre senza mai averlo definito:

E, a proposito di scuola, è La Verità a chiarire attraverso il caso di Chiavari di fronte a quale scenario ci si può trovare. Al liceo Marconi Delpino, infatti, nella mattinata di oggi si parla di «educazione sessuale», «genere oltre il binarismo», «fluidità di genere», «transizione di genere» ed «effetti psicologi e sociali». Tutti argomenti che è lecito affrontare e che, anzi, può avere senso affrontare, purché siano un’occasione di riflessione equilibrata e orientata al confronto.

Insomma, siamo davanti ad una propaganda che pare distorcere ogni fatto pur di inneggiare all'omofobia ungherese che tanto piace alle lobby neofasciste che sostengono il partito di quella signora per cui Belusconi sarebbe un "patriota".
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