Il dramma dei disabili bombardati da Putin

Forse nessuno si sarebbe aspettato che i rifugi costruiti dai sovietici sarebbero tornati utili agli ucraini per difendersi dalle bombe russe. Ma quei rifugi risultano inaccessibili ai disabili. Lo sanno bene Tania e suo figlio Lev, u diciasettenne con la sindrome di Down. Dal 24 febbraio sono bloccati nella loro casa di Kiev: portare Lev in un rifugio, tra rumori, folla, buio, freddo e notti passate a dormire per terra, è una cosa impraticabile perché lo destabilizzerebbero troppo. Così hanno allestito un bunker in corridoio, dove si riparano insieme alla nonna ultraottantenne.
«Mio figlio, come tanti altri disabili -racconta Tania- sta vivendo un incubo. Per i ragazzi Down la routine quotidiana è importante è dà loro sicurezza. Ora il suo mondo è crollato. Viviamo prigionieri in casa, perchè andare in un rifugio è improponibile. Per lui sarebbe troppo dura, non reggerebbe quella situazione e non sarei in grado di gestirlo, è terrorizzato».
Lev non ha ancora compreso appieno cosa sia una guerra: «Ciò che ha colto è che ci sono i bombardamenti e tutto può essere distrutto. Mi chiede in continuazione quando finirà e quando potrà rivedere gli amici. Attende con ansia il 16 marzo, il suo diciottesimo compleanno. Ho paura a dirgli che, ad oggi, non so dove saremo quel giorno».


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