Adinolfi attacca la Lega, giurando che il partito di Pillon non sarebbe omofobo quanto il suo
Mario Adinolfi è irritante nel suo sostenere che il sedicente "cattolico" debba essere necessariamente omofobo. Ed appare irritante anche nel suo tirare in ballo la solita truffa "gender" contro i Pride e chi crede nell'attuazione dell'articolo 3 della nostra Costituzione, parlando di fantomatiche "lobby gay" in quel suo scimmiottare i nazisti che si inventarono una fantomatica "lobby ebraica".
Il fondamentalista afferma che a lui non sta bene che Regione Lombardia abbia deciso di illuminate il Pirellone a sostegno dei diritti civili, riparando all'onta di un Maroni che lo illuminò a sostegno delle discriminazioni promosse dalla lobby di Gandolfini. E si inventa persino che i tremila euro di patrocinio concessi all'Umbria Pride tradirebbero i contratti siglati tra Lega e le organizzazioni forzanoviste di Jacopo Coghe e Toni Brandi.
Adinolfi pare dedicare particolare attenzione ad usare il denaro come strumento di incitamento all'odio, urlando che quei tremila euro verrebbero sottratti ad imprecisate "famiglie umbre" in virtù del suo sostenere che i gay non debbano poter avere una famiglia o che i figli gay non meritino di essere tutelati dall'odio omofobico. Ed è curioso il suo sostenere che le tasse dei gay dovrebbero essere dirottate nelle tasche degli eterosessuali, in quel suo lasciar intendere che si possano far soldi grazie alla discriminazione. Un po' come quando Toni Brandi sosteneva che si dovessero vietare le unioni civili per appropriarsi di eredità sottratte alle famiglie dei gay.
Peccato che Adinolfi non disse nulla quando il suo Maroni serperò 30mila euro per istituire un inutile "centralino anti-gender" chiesto dalle lobby integraliste, come non fiatò quando l'invio del gonfalone di Regione Lombardia al suo "family day" sottrasse risorse economiche alla popolazione per sponsorizzare la discriminazione.
Se ci vuole un discreto coraggio per sostenere che la discriminazione e l'omofobia sarebbero il fine ultimo della sua concezione "cattolicesimo", è attraverso un video-proclamo che il fondamentalista diffama i partecipanti ai Pride. Dice che quelle sarebbero «sfilate» e che lui ritenga «insopportabile» che chi non la pensa come lui possa scendere in piazza a manifestare il proprio pensiero.
In particolare, pare schiumare di rabbia perché una regione a trazione leghista avrebbe «regalato il patrocinio» al Pride umbro al posto di sponsorizzare le discriminazioni promosse dalle lobby finanziate da Mosca, come avvenuto a Verona davanti a patriarchi e preti ortodossi che giustificavano la violenza sulle donne. Precisa poi che il suo partito ha chiesto il ritiro del patrocinio attraverso una lettera, omettendo di raccontare di come il loro esponente albanese abbia asserito che i Pride sarebbero «contro la famiglia naturale» e che ai seguaci di Adinolfi chi rivendica pari diritti crea «imbarazzo e fastidio».
Tutto questo diventa anche un motivo per attaccare la lobby di Gandolfini, evidentemente ancora infuriato perché non ha ottenuto il suo appoggio quando tentò la fuga attraverso la fondazione di un partito a sé stesso intestato. Ed è con la sua proverbiale finezza che inizia a dire che i contratti dell'organizzazione forzanovista sarebbero «carta da cesso».
Del tutto fazioso ed ideologico appare il suo sostenere che bisognerebbe vietare i Pride perché la Costituzione riconosce la famiglia come «società naturale fondata sul matrimonio e in Italia il matrimonio è tra un uomo e una donna». Peccato che quella specifica non sia nella Costituzione e che un articolo non possa mai poter essere interpretato contro i principi degli altri articoli, tra cui quello sulla pari dignità.
Invita così la Tesei a ritirare il patrocinio mentre si inventa che sarebbe in atto una «scorrettezza del movimento lgbt che si muove nei giorni il silenzio elettorale. Sono forzature tipiche dei prepotenti». Un termine che lui usa spesso, dato serve a fomentare odio il sostenere che le persone discriminate sarebbero «prepotenti» nel rivendicare i diritti che lui sostiene vadano riservati solo a chi condivide i suoi stessi pruriti sessuali:
Tra i commenti si palesa anche la solita Sara Reho, la quelle rivendica l'omofobia come caratteristica fondante del loro partitino. Ovviamente sostenendo che l'elettore dovrebbe votare chi promette la discriminazione altrui e non chi garantirà benessere per tutti, dichiara:
In passato la Lega Nord era un partito che chiedeva il matrimonio egualitario e che partecipava regolarmente ai Pride, ma fu Salvini a decidere una svolta omofoba dopo che alcuni esponenti del partito di Putin presenziarono alla sua elezione a nuovo segretario. E fa riflettere che si sia ora arrivati ad un punto in cui l'omofobia diventa un motivo per cui scegliere a quale partito affidare la discriminazione di interi gruppi sociali.