Adinolfi continua a insultare gli avversari. Loro lo querelano, lui nega, ma la frase è scritta nero su bianco


Nonostante Mario Adinolfi ci abbia abituato alle peggiori bassezze, il suo pensare che si possa far politica insultando gli avversari appare come un ulteriore passo verso il degrado.
Con i suoi soliti toni da bulletto, si dice fiero di aver ricevuto centinaia di denunce dai gay che si ritengono diffamati dalle sue perpetue molestie. Ed ovviamente parrebbe bularsi di come lui si salvi grazie ad un sistema giudiziario che non ritiene perseguibile chi diffama interi gruppi sociali. Per la nostra legge, infatti, Adinolfi potrebbe finire in carcere se dicesse falsamente che "Mario è un pedofilo", ma se la può cavare con facilità se altrettanto falsamente va in giro a dire che "i gay sono pedofili" (cosa che peraltro ha ripetutamente fatto) perché non è identificabile il soggetto giuridico diffamato.
Una colta proclamatosi il più attivo persecutore dei gay che spera di diventare sindaco nell'Isola in cui Mussolini deportava gli omosessuali, inizia a dire che i suoi avversari politici sarebbero «cialtroni» perché lo hanno querelato. Ed è quasi volesse chiarire che lui li sta proprio diffamando, che aggiunge:

Deve essere davvero colma di odio la vita di costoro. Da ora in poi mai più una parola su gente così, per cui la vita si riduce a perenne carnevalata. D’altronde sono quelli che irridono nei gay pride i più sacri simboli religiosi, sono onorato di essere ad essi accomunato e di subire la relativa persecuzione.

Se Adinolfi ama autoproclamarsi martire di fantomatiche «persecuzioni» mentre dedica le sue intere giornate ad incitare odio contro gli altri, ha sinceramente stancato la sua blasfema abitudine di usare la religione come strumento di discriminazione. Che cosa dovrebbero c'entrare i candidati di un partito politico del Lazio con le proteste di tre singole persone contro l'abuso della religione a scopo discriminatorio avvenuto in Lombardia?

A scatenare l'ira di Adinolfi è la legittima querela sporta dall'avvocata Sara Franchino presso la Procura di Roma nei confronti, avvenuta a seguito delle di alcune sue «affermazioni false» sui candidati del partito avversario. Ad esempio, sarebbe arrivato sino ad affermare che il Partito Gay starebbe in politica per «il drenaggio di denaro pubblico».
«Capiamo le difficoltà di Adinolfi e del Popolo della Famiglia nel trovare argomenti validi per farsi votare, in quanto dalle loro interviste emerge solo l'ossessione contro i diritti per le persone LGBT+, nel confronto politico non sono accettabili affermazioni false contro gli avversari», spiegano dal partito.

Ma mentre Adinolfi giura sulla Madonna che lui non avrebbe mai pronunciato quella frase, è in un articolo pubblicato il 24 maggio 2022 sul suo sito, dal titolo "Sveliamo il bluff del Partito Gay" che lo troviamo a dichiarare:



Sarà anche che Adimnofli sogna di regalare uno stipendio pubblico a sua madre e la sua seconda moglie attraverso la loro candidatura, ma giurare che non avrebbe mai detto ciò che si trova scritto sul suo stesso sito è oltre l'indecenza.

Fatto sta che il fondamentalista scrive:



Al limite del comico è come parli di «intimidazione» davanti ad una legittima querela, ma non usava quel termine mentre lui dichiarava che Gayburg «va chiuso immediatamente» sulle base delle sue false accuse, peraltro tacendo su chi usava la sua pagina per organizzare attentati terroristici contro di noi. Ed anche contro Gayburg si inventò che noi saremmo stati «finalmente chiusi» perché sarebbero venuto a mancare fantomatici «denari». Una balla, ma lui sembra amare la diffamazione altrui, soprattutto facendo leva sul denaro dato che probabilmente quello è un tema che lui sta molto a cuore.
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