C'è Pillon dietro la campagna diffamatoria di Provita Onlus contro la Tesei?


L'organizzazione forzanovista Provita Onlus è tornata ad attaccare la leghista Donatella Tesei, accusandola di aver disobbedito agli ordini impartiti da Jacopo Coghe. La lobby integralista teorizza che la sottoscrizione di una dichiarazione omofoba stilata dalla loro organizzazione l'avrebbe impegnata a cedere ogni scelta politica alla loro organizzazione, motivo per cui la Tesei avrebbe dovuto impedire che i rappresentanti del popolo potessero votare un patrocinio al Pide perché lo avrebbero ordinato le solite lobby finanziate da Mosca.

Come osserva Passaggi Magazine, l'attacco è molto atipico. Infatti Jacopo Coghe non se l'è presa con la Regione, ma cerca di diffamare la singola persona. Ha persino affittato dei camion vela con cui portare in giro i manifesti con cui la sua organizzazione incita odio contro la Tesei. Ed è così che il magazine ipotizza:

L’attacco, durissimo, è esclusivamente personale: non si fa menzione della giunta e, a scanso di equivoci, nel sito il comunicato è accompagnato da una foto con in primo piano il volto sorridente
della Tesei. Queste associazioni sono strettamente legate al senatore leghista, ed è noto che niente farebbero senza la sua approvazione: Gandolfini, Coghe e Pillon si muovono sempre all’unisono, a mutuo sostegno reciproco. Ma stavolta c’è stata la “benedizione” ufficiale: con un post nella sua pagina fb Pillon ha attaccato gli organizzatori di Umbria Pride per le letture arcobaleno di oggi (18 giugno) ad Amelia, dedicate ai bambini da 2 a 6 anni. E precisa che “raccogliendo le istanze di molte associazioni familiari, abbiamo chiesto alla Giunta Regionale di ritirare il proprio patrocinio, segnalando questi ed altri aspetti del programma dell’Umbria Pride che evidentemente non erano stati presi in considerazione in precedenza”. Non si ricordano, in altre occasioni di analoghe violazioni di promesse elettorali, anche recenti, iniziative simili. Perché allora un attacco tanto personale e violento?
Perché è noto che la Tesei vorrebbe molto fare il “salto” a Roma, magari alle prossime politiche: se fosse in lista sarebbe giocoforza “la” candidata della Lega in regione. Ma con la riduzione dei parlamentari l’Umbria ne potrebbe eleggere solo 9 in tutto (dai 17 della scorsa legislatura) e facendo quattro conti alla Lega, con l’aria che tira, ne arriverebbero, ragionevolmente, due, ad essere ottimisti tre. Ed è qui che arriva Simone Pillon, candidato al Senato nel 2018 non in Umbria ma in Lombardia, quarto e ultimo nella lista capeggiata da Giulia Buongiorno, eletto per un soffio. Nel corso della legislatura ha fatto di tutto per accreditarsi come l’uomo della Lega in Umbria, sapendo bene che difficilmente potrà ottenere una rassicurante candidatura lombarda nel 2023. Ha bisogno di un posto in Umbria e di non avere rivali ingombranti: vuole essere “il” candidato della Lega, presentandosi come campione dei valori cattolici in regione.

E se questa ipotesi appare assai plausibile, difficile è non notare con quanta insistenza il signor Jacopo Cogeh chiede la testa della Tesei. Anche oggi l'ha attaccata, urlando che lui non accetta che qualcuno possa pensare che i diritti non vadano riservati unicamente a chi condivide le sue medesime pulsioni sessuali:

«Riconoscimento di qualsiasi formazione familiare, comprese quelle “non monoparentali” e l’accesso all’adozione per tutte le coppie alla procreazione assistita e soprattutto alla pratica illegale e inumana dell’utero in affitto (ipocritamente edulcorato come “gestazione per altr*”) per le coppie gay, lesbiche e per i singoli individui. E’ questo l’assurdo manifesto politico dell’Umbria Pride, che ha ricevuto il patrocinio e un finanziamento pubblico dalla Regione Umbria guidata da Donatella Tesei (Lega). E questa sarebbe una presidente di centrodestra? Che concede il patrocinio e poi rimane in silenzio alle richieste di ritirarlo? E’ ancora più palese come cittadini e soprattutto genitori umbri, che avevano votato la Tesei per le sue promesse pro family in campagna elettorale, siano stati traditi da chi ha voluto cavalcare l’onda arcobaleno nonostante le folli e illegali pratiche che vengono propagandate.

A scriverlo è Jacopo Coghe, il quale vomita la sua solita propaganda omofoba mentre sbraita la destra populista dovrebbe fondarsi sull'omofobia e sulla discriminazione. Due temi promossi da quel loro Pillon che giusto oggi ha spinto alcuni suoi proseliti ad invocare l'uccisione dei gay.

Coghe invita anche a firmare una sua patetica petizione che dice sia volta a «chiedere alle istituzioni italiane di non concedere patrocini e finanziamenti pubblici ai "gay pride", eventi spesso pieni di blasfemie che promuovono utero in affitto, ideologia gender nelle scuole, distruzione della famiglia naturale, indottrinamento dei bambini e "reati di opinione omofobica" come il Ddl Zan».
Ed anche qui le bugie sono molte, dato che i crimini d'odio non sono un reato di opinione, cosa che non si può dire della loro petizione liberticida che mira a sopprimere il diritto di espressione e manifestazione ad interi gruppi sociali. Noiose sono le loro bufale sulla fantomatica «ideologia gender» o sul loro sostenere che la famiglia «naturale» sarebbe solo eterosessuale. Ovviamente giurano che le loro famiglie verrebbero «distrutte» senza omofobia, passando per le patetiche teorie di un fantomatico «indottrinamento nelle scuole» in cui parrebbero non fare riferimento a quei loro corsi di educazione sessuale «biblica» con cui cercarono di invitare dei ragazzini a praticasre solo sesso non protetto.
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