Mario Adinolfi denigra una mamma per la mancata discriminazione della figlia trans

Al posto di parlarci del suicidio di Cloe e di come lui l'abbia ferocemente aggredita in diretta televisiva, Mario Adinolfi ha preferito spiegarci che lui ritiene «gravissimo» sentire una mamma che dice di amare sua figlia e la supporta nel trovare se stessa.
Dice anche che lui si sente offeso da chi esulta per il suoi zero voti, ma non pareva essere dello stesso parere quando era lui ad esaltare l'affollamento del ddl Zan o quando sfotte Matano perché la sua unione civile varrebbe meno dei suoi due matrimoni.

Naturalmente ad essere definito «ragazzino truccato da donna» è una ragazzina trans a cui lui nega ogni rispetto, così come appare abbastanza evidente che Adinolfi inviti a non accettare l'identità di genere dei figli, incitando un rifiuto che risulta tra le prime cause di suicidio.
Ha persino allegato una fotografia della minore contro cui sta aizzando i suoi proseliti (da noi omessa). Evidentemente riteneva di poterla usare per sostenere che il suo partito sarebbe «in crescita» nonostante i numeri facciano pensare altro, per vantarsi del suo essere andato in radio e per ribadire che la transfobia è una colonna portante della sua azione politica.
Ogni volta che lo sentirete parlare della fantomatica «priorità educativa dei genitori» teorizzata da Gandolfini, ricordatevi di come ha aggredito una madre che lui sostenga faccia «schifo» perché non rinnega l'identità della figlia.

Tra i commenti, i suoi seguaci iniziano a dire che loro «vomitano» alla vista id persone trans, che a chi non è transfobico andrebbero tolti i figli, che si tratterebbe di persone «patologicamente infelici che leniscono le ferite del vivere con il trasformismo di genere», che Luxuria vada messa «in galera» perché parla con le ragazze trans... insomma, hanno preso forconi e torce per insultare una minorenne e vomitarle addosso il loro odio all'indomani di quella crociata che li ha portati ad ottenere che Cloe si desse fuoco all'interno della roulotte in cui loro l'avevano relegata.


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