Pillon e Provita all'attacco della Disney: «Indottrinano i bambini, inculcando disagi sulla loro identità di genere»


Nella giornata della festa della repubblica, il senatore leghista Simone Pillon ha ritenuto che la sua priorità istituzionale fosse quella di diffamare la Disney all'interno della sua incessante campagna di istigazione alla discriminazione.
Con i suoi soliti toni rabbiosi, il leghista esordisce sostenendo che Walt Disney dovesse necessariamente essere ritenuto omofobo in quanto le lobby evangeliche si sono inventate che la tolleranza e il rispetto sarebbero contro «i valori familiari». Inizia così ad accusare l'azienda di «indottrinare con false ideologie i bambini fin dalla più tenera età».
Praticamente accodanso duna serie confusa di insulti, dice che lui prova «vergogna» verso chi non indottrina i bambini all'odio, uscendosene con al solita sparata su come lui vedrebbe imprecisati «personaggi trangender» che lui lascerebbe ad imprecisate «lobby»:



Manco ci fosse bisogno di dirlo, la "fonte" citata da Pillon è la solita organizzazione forzanovista Provita Onlus e un "articolo" a firma del solito Giliano Guzzo, ossia un autore di vari libri anti-gay che lavora per il giornale di Maurizio Belpietro:



Partendo dal presupposto che la tolleranza corromperebbe i bambini e li omosessualizzerebbe, il signor Guzzo esordisce scrivendo:

Che cosa centrano una drag queen come Nina West e un’associazione di attivisti trans come Glsen con l’intrattenimento per bambini? Apparentemente nulla. Sono e dovrebbero essere e restare ambito, anzi universi paralleli, destinati quindi – in primis, per ovvie ragioni di salvaguardia dell’infanzia - a non incontrarsi mai. Sfortunatamente, non la pensa così la principale casa mondiale di prodotti audiovisivi per i minori, la Disney, che, come segnalato con sdegno su Twitter dallo scrittore Christopher F. Rufo, «ha promosso uno speciale per bambini realizzato da drag queen».

Sostenuto che l'odio transfobico servirebbe a garantire la «salvaguardia dell’infanzia», inizia a dire che la transessualità sarebbe una malattia e che la mancata discriminazione infetterebbe i bambini:

In seconda battuta, va evidenziato come proporre ai bambini sotto una chiave giocosa e colorata - quale è, almeno a prima vista, quella drag queen – il tema del transgenderismo è irresponsabile. Per un fatto molto semplice, e cioè che «i sintomi» del disturbo dell’identità di genere in età prepuberale, come segnalava già nel 2008 un lavoro uscito sul Journal of Sexual Medicine, «diminuiscono o addirittura scompaiono in una percentuale considerevole di bambini (le stime vanno dall’80 al 95%). Pertanto, qualsiasi intervento nell’infanzia sembrerebbe prematuro e inappropriato».
Ecco che allora appare davvero pericoloso avviare alla galassia dell’associazionismo Lgbt bambini che, nella stragrande maggioranza dei casi, risolveranno in modo autonomo e naturale ogni forma di disagio che dovessero percepire sulla loro identità di genere. Non c’è alcun bisogno che Glsen, Disney o altri facciano nulla: questi minori vanno semplicemente lasciati in pace. È così difficile accettarlo, senza ricorrere per forza alla leva dell’indottrinamento? A quanto pare, per alcune realtà purtroppo lo è.

Ovviamente citano uno studio a caso sostenendo che il rispetto della diversità farà male ai bambini dato che loro propongono quelle leggi russe che mirano a non far conoscere la molteplicità della natura sino a quando i pregiudizi non siano così radicati da diventare indelebili. Ed ovviamente giura che una drag queel porterà i bambini a voler cambiare sesso:

Tornando a noi, va detto che avviare i bambini alle transizioni precoci – o alle associazioni Lgbt che di transgederismo, nello specifico, si occupano – è inaccettabile anche perché, come annotava nel 2012 un lavoro uscito sul Journal of Homosexuality, i bambini che si sottopongono o si sono sottoposti a questi trattamenti «si rendono a malapena conto di appartenere all’altro sesso natale. Sviluppano un senso della realtà così diverso dalla loro realtà fisica da rendere inevitabilmente difficile l’accettazione dei molteplici e prolungati trattamenti di cui avranno bisogno in seguito. Anche i genitori, che assecondano questo comportamento, spesso non si rendono conto di contribuire alla mancanza di consapevolezza di queste conseguenze da parte del bambino».

Insomma, proseguono nel citare presunti "studi" presi a caso per far credere che ci sia un qualcosa di scientifico nelle loro teorie. Il tutto per arrivare a chiedere agli omofobi di boicollare chi non discrimina:

Sono parole senza dubbio dure, ma dense di verità. E che devono fungere da motivo circa il fatto che chiunque osi propinare ai piccoli il tema del transgenderismo – sia pure in una prospettiva apparentemente soft, come fatto da Disney – vada guardato con estrema diffidenza: anche se porta un nome rispettabile e a suo modo glorioso, come indubbiamente è quello disneyano. Il fatto è che tanti, evidentemente, non hanno ancora compreso che, se i bambini non sono proprietà dello Stato – aberrazione possibile solo sotto i regimi totalitari -, essi non sono neppure ostaggi dei media.


Insomma, la loro solita teoria per cui un genitore omofobo deve poter indottrinare i propri figli all'odio senza che la scuola possa spiegargli cosa dice la scienza. Ma la scienza vera, non le presunte ricerche che questi signori vanno in giro a cercare con il lanternino.
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