Monsignor Viganò torna a benedire le bombe di Putin
Eccitando neofascisti e complottisti no-vax, il solito monsignor Viganò è tornato a schierarsi con l'invasione russa dell'Ucraina e con i militari di Putin che risultano impegnati in stupri minorili. Lo annuncia il solito camerata Fabio Tuiach, sostenendo che il prelato lo faccia sentire legittimato nel suo fascismo:
La fonte è il solito giornaletto di propaganda populista, dove i soliti populisti si congratulano con Viganò per il suo sostenere che «Putin ha ragione».
L'arcivescovo è noto per i suoi endorsement all'ex presidente Trump, per le sue dichiarazioni contro Papa Francesco e a sostegno die movimenti neofascisti che cercano di colonizzare il Paese attraverso il complottismo sui vaccini.
Viganò sostiene che «Putin si è mosso bene» e che «non sono gli Ucraini che dovrebbero entrare nell’Unione Europea o nella NATO, ma gli altri Stati che dovrebbero finalmente avere un sussulto di orgoglio e di coraggio e uscirne, scrollando da sé questo giogo detestabile e ritrovando la propria indipendenza, la propria sovranità, la propria identità, la propria fede. La propria anima».
Sostenuto che lui è per il campanilismo e lui sogna che tutti si facciano la guerra, è appellandosi alla troeia del complotto che il prelato ha iniziato a dire che «il Nuovo Ordine non è un destino ineluttabile, e può essere sovvertito e denunciato se solo i popoli si rendono conto di essere stati ingannati e truffati da un’oligarchia di criminali ben identificabili, per i quali un giorno varranno quelle sanzioni e quei blocchi dei fondi che oggi essi applicano impunemente a chiunque non pieghi il ginocchio dinanzi a loro».
Giurando sui Dio che lui crede che Putin voglia davvero la «denazificazione» dell'Ucraina grazie ali militari nazisti ceceni, sostiene che Putin sarebbe stato obbligato a bombardare le città e ad ammazzare cittadini che non erano più assoggettati a lui perché «quanto più Putin ritiene di essere nel giusto, tanto più egli dimostrerà la grandezza della sua Nazione e l’amore per il suo popolo col non cedere alle provocazioni».