Facebook sospende la pagina di Di Stefano per estremismo. Adinolfi frigna


Poichè Mario Adinolfi si dice «fiero» di aver violato le norme per il contrasto alla pandemia, forse non dovrebbe stupirci si lamenti che al suo muovo amichetto di CasaPound non venga permesso di violate sistematicamente le norme dei social network. E ovviamente promette vendetta e rappresaglie contro chi ha interferito con quella sua campagna elettorale, inveendo genericamente contro gli Stati Uniti quasi volesse sottolineare il suo essere amico di Putin:



Secondo la teoria sostenuta da Adinolfi, il fatto che Di Stefano si sia candidato con lui dovrebbe invalidare i provvedimenti presi contro i gruppi neofascisti in cui operava nelle vesti di segretario. Praticamente, è come se sostenesse che ad un prete pedofilo che cambia congregazione vada garantito l'accesso all'oratorio perché il cambio di casacca dovrebbe cancellare la sua storia.
Infatti è nel corso del 2019 che Facebook decise di oscurare le pagine di movimenti politici estremisti di destra che diffondevano fake-news. Il provvedimento incluse i profili di Gianluca Iannone, presidente di CasaPound, dei due vice Marco Clemente e Andrea Antonini, dell’ex segretario Simone Di Stefano e di Carlotta Chiaraluce. Ora, a distanza di anni, Simone Di Stefano ha provato ad aprire un nuovo profilo, chiuso nel giro di poche ore. Ed ovviamente lui fa vittimismo, promettendo che porterà Facebook in tribunale per ottenere il diritto di poter violare il contratto che ha siglato con il social network con la scusa di essersi candidato e di ritenersi parte della casta.
«Nell’arco di 12 ore, la pagina è stata chiusa arbitrariamente dall’azienda Meta di Mark Zuckerberg, adducendo motivazioni incredibili: che io sarei una persona pericolosa, legata ad associazioni estremiste. Nei fatti, ha escluso la mia candidatura dalla sua piattaforma. Questo pone Facebook al di fuori della legge: se la mia candidatura va bene per il ministero dell’Interno e per la magistratura italiana, Facebook non può escludermi. Diverse sentenze hanno già dimostrato che Facebook non può operare in questo modo in Italia», sostiene l'estremista.
Peccato che Facebook sia un social che appartiene a una società privata, che ha proprie regole di utilizzo che uno accetta all’iscrizione. Evidentemente le regole sono state violate. Punto.

Difficile è anche pensare che qualcuno possa sentire la mancanza di un estremista di destra che basa la sua propaganda sulla diffamazione. Perché Adinolfi avrà anche annunciato che lui vuole cercare di fatturare sul dissenso diffamando Draghi, ma stampare volantini in cui si chiede di sceglietre tra due teorie diffamatori è una porcheria ignobile:



Inoltre l'unico vero oltraggio è che ad una persona che ha patteggiato dopo un attacco squadrista venga permesso di candidarsi. Volendo scimmiottarli, dovremmo dire: "Delle due l'una: o questi sono dei deficienti o questi sono dei fascisti che vogliono prendere in giro gli elettori".
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