«Abbassati i pantaloni e dimostrami che sei uomo». Genitori omofobi a processo per maltrattamenti
Carlo ha 13 anni e gli piacciono anche i ragazzi. Il padre, però, pare scimmiottare Pillon nel suo sostenere che un maschio «fa cose da maschio e si veste da maschio» secondo i desideri di Adinolfi, motivo per cui lo iscrive alla palestra e gli impone un corso di boxe. D'altronde si sa che il maschio deve essere violento ed è bene che sappia picchiare le donne. Gli vieta anche di indossare gli abiti che non rappresentano la caricatura del maschio dominante e mette al bando lo smalto sulle unghie, ritenuto cosa da donne.
Non contento, lo obbliga anche a frequentare un'amica e cerca di costringerlo a baciarla, sostenendo che suo figlio abbia bisogno di essere costretto ad un rapporto sessuale non consensuale. Il padre si dice infatti convinto che i «veri uomini» seducono le donne e magari corrono dietro alle ragazzine come fa Salvini.
Il padre diceva agli altri che suo figlio era «degenere», che il suo corpo «fa schifo» e che «sembra una donna». Al figlio diceva: «Abbassati i pantaloni e dimostrami che sei uomo». La scuola ha segnalato il caso alla Procura e gli investigatori hanno ascoltato il ragazzo, il quale gli ha spiegato come l'unica frase che sentiva ripetere dai suoi genitori era: «Fai schifo, sii uomo».
Chiuse le indagini, la Procura ha deciso di indagare il padre per maltrattamenti e di indagare la madre per non essersi opposta a quelle violenze. Ed è labile la giustificazione data dai due, i quali hanno detto agli investigatori che loro bullizzassero i figlio perché «avevamo paura dei bulli» e temevano che i bulli lo avrebbero «preso in giro» come facevano loro due.